# 8 / 2016
26.07.2016

Sì a una gestione efficiente delle risorse, no all’iniziativa «Economia verde»

L’iniziativa: agire a fin di bene non basta

Di cosa si tratta?

L’iniziativa popolare «Per un’economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse (economia verde)» dei Verdi intende modificare la Costituzione per obbligare la Confederazione, i Cantoni e i Comuni a condurre un’economia sostenibile e che sfrutti in modo efficiente le risorse. L’obiettivo è quindi quello di imporre a livello costituzionale alla Svizzera e ai suoi cittadini la riduzione dell’«impronta ecologica» da circa 3 a 1 pianeta Terra. L’iniziativa non propone una definizione dell’«impronta ecologica». Se ci si basasse su quella del Global Footprint Network, la più popolare, si tratterebbe di un metodo che non è basato su solidi fondamenti scientifici, in quanto non consente di formulare delle affermazioni complete né sull’inquinamento ambientale né sull’efficienza delle risorse. Da un punto di vista democratico, si dubita che un'organizzazione privata possa modificare il sistema di misurazione in totale indipendenza influenzando così un obiettivo costituzionale. 

Tenendo conto delle cifre attuali del Global Footprint Network l’«impronta ecologica» svizzera dovrebbe essere ridotta di oltre il 65%. Per tentare anche soltanto di avvicinarsi al radicale obiettivo enunciato in modo innocente nel titolo, però, la Confederazione dovrebbe intervenire in modo massiccio nel sistema economico: alcune delle iniziative necessarie sarebbero l’introduzione di nuove tasse e regolamentazioni relative ai prodotti e ai processi di produzione.

Testo dell'iniziativa

Art. 94a (nuovo) Economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse

1 La Confederazione, i Cantoni e i Comuni operano a favore di un’economia sostenibile ed efficiente in  materia di gestione delle risorse. Promuovono la chiusura del ciclo della materia e provvedono affinché le attività economiche non pregiudichino il potenziale delle risorse naturali, evitando il più possibile i pericoli e i danni all’ambiente.

2 Per attuare i principi di cui al capoverso 1, la Confederazione fissa obiettivi a medio e a lungo termine. All’inizio di ogni legislatura redige un rapporto sul grado di raggiungimento di tali obiettivi. Nel caso in cui essi non vengano raggiunti, nell’ambito delle loro competenze la Confederazione, i Cantoni e i Comuni adottano misure supplementari o rafforzano quelle esistenti.

3 Per promuovere un’economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse, la Confederazione può segnatamente: 

a) promuovere la ricerca, l’innovazione e la commercializzazione di beni e servizi, nonché le sinergie fra attività economiche;

b) emanare prescrizioni sui processi di produzione, sui prodotti e sui rifiuti, nonché sugli acquisti pubblici;

c) adottare misure di natura fiscale o budgetaria; in particolare può istituire incentivi fiscali positivi e prelevare sul consumo delle risorse naturali un’imposta di incentivazione a destinazione vincolata o senza incidenza sul bilancio.

Disposizioni transitorie della Costituzione federale relative all’art. 94a 

Art. 197 n. 8 (nuovo)

Entro il 2050 l’«impronta ecologica» della Svizzera viene ridotta in modo tale che, rapportata alla popolazione mondiale, non superi l’equivalente di un pianeta Terra.

 

Un colpo di scure per economia e consumi

L’iniziativa auspica un’«economia verde». Fin qui, l’obiettivo dell’iniziativa corrisponde alle preoccupazioni del mondo economico. Di fatto, numerose aziende svizzere contribuiscono già a un’economia più verde e quindi più attenta all’ambiente. L’idea di fondo dell’iniziativa popolare quindi non è sbagliata, ma gli strumenti che vengono proposti per raggiungere l’obiettivo non sono adeguati. Un calendario rigido, un obiettivo quantitativo e il discutibile metodo di misurazione sono nella maggior parte dei casi controproducenti. Le sfide ecologiche non possono essere affrontate attraverso tagli netti all’economia e ai consumi: eppure sarebbero proprio queste le conseguenze di tale iniziativa. L’obiettivo è ridurre l’attuale consumo di risorse di oltre il 65%. Il Consiglio federale calcola che per ottenere una riduzione anche soltanto del 40% siano necessarie misure drastiche (pag.1628). Di conseguenza ritiene che la riduzione auspicata di almeno il 65% sia «difficilmente raggiungibile» e che l’iniziativa sia «non attuabile» (pag.1628). Anche altri studi condotti dall’Ufficio federale dell’ambiente e da altri espertidi grande prestigio giungono alla stessa conclusione. L’iniziativa non è in grado di mantenere le sue promesse e secondo il Consiglio federale provocherebbe delle soppressioni di posti di lavoro e costi economici colossali (pag.1652). È risaputo che i siti di produzione, quindi i posti di lavoro, possono anche essere spostati all’estero, così come i consumi (commercio online e turismo degli acquisti). In questo modo le sfide ambientali si sposterebbero semplicemente all’estero e non verrebbero risolte. Ma il minor benessere e la perdita dei posti di lavoro colpirebbero unicamente il nostro Paese.

Aumentare l’efficienza non basta

Da anni, nelle loro ricerche, gli esperti sono giunti alla conclusione che i progressi raggiunti costantemente dalle aziende in termini di efficienza sono in parte annullati dai maggiori consumi (effetto rebound). Questo è uno dei motivi per cui le misure tecniche volte all’aumento dell’efficienza non sono sufficienti per raggiungere lo scopo dell’iniziativa. Per ridurre il consumo di risorse si deve modificare in modo drastico i comportamenti dei consumatori, come anche dimostrato nello studio commissionato dal Consiglio federale (RessourcenEFFizienz Schweiz REFF). Per la popolazione svizzera questo significa quindi un’importante riduzione dei consumi. Rimane però del tutto oscuro come sia possibile raggiungere questo obiettivo in un mondo globalizzato e con un’economia interconnessa come quelli attuali. Quel che è certo è che, anche se si raggiungessero enormi progressi tecnologici, non sarebbe praticamente possibile ridurre il consumo di risorse di oltre il 65 percento senza imporre importanti limiti ai nostri standard di vita per quanto riguarda la mobilità, gli alloggi, l’alimentazione e il tempo libero. Poiché questi tre settori sono infatti responsabili per oltre due terzi del carico inquinante complessivo risultante dal consumo in Svizzera (RessourcenEFFizienz Schweiz REFF).

L’impronta ecologica, un metodo esplicativo, ma non basato su solidi fondamenti scientifici

In una scheda informativa l'Ufficio federale dell'ambiente (UFAM) definisce l’impronta ecologica nel modo seguente: "Questo noto metodo indica il risultato complessivo in ettari globali. Tuttavia, si prendono in considerazione solo due aspetti ambientali: le emissioni di CO2 fossile e l’uso del suolo. Altre importanti questioni ambientali come l'aria, il suolo e l'inquinamento delle acque, il trattamento dei rifiuti o lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi non sono inclusi".

Se si vuole andare oltre, l’impronta ecologica indica il consumo di risorse naturali tradotto in unità di superficie. Il più diffuso a livello internazionale è il metodo dell’impronta ecologica di Wackernagel (cofondatore del Global Footprint Network ) e Rees. Questo metodo viene spesso ripreso perché è esplicativo e consente di tradurre delle situazioni complesse in modo tale che siano facilmente comprensibili. Tuttavia, se deve essere utilizzato come modello scientifico o, così come vorrebbe l’iniziativa, come base per un articolo della Costituzione in base al quale viene stabilità l’efficienza delle risorse di un intero Paese, questo metodo è troppo poco solido e palesemente non adeguato.

Con questo metodo l’utilizzo e lo sfruttamento della natura, come la coltivazione dei terreni, il consumo di energia o di legname, vengono indicati attraverso la quantità di superficie che sarebbe necessaria per mettere a disposizione queste risorse attraverso fonti rinnovabili. L’unità di misura utilizzata per esprimere l’impronta ecologica di una regione, di un Paese o del mondo intero è l’ettaro globale. Attraverso questo stesso metodo è possibile calcolare anche la «biocapacità», ovvero la capacità della natura di produrre materie prime e smaltire le sostanze nocive (pag.2-5). L’impronta ecologica esprime quindi i consumi, in qualsiasi forma, attraverso un ipotetico fabbisogno di superficie e vuole mostrare se e in che misura lo sfruttamento della natura superi la capacità della biosfera di rigenerarsi. Nella primavera 2016 il Global Footprint Network ha calcolato che l’impronta della Svizzera è pari a 3,3 pianeti Terra a persona.

L’impronta ecologica non può essere inserita nella Costituzione

Il metodo dell’impronta ecologica considera i flussi di sostanze biologiche e dei consumi di energia fossile. Tuttavia, altri aspetti fondamentali come le risorse abiotiche (ad es. metalli, inquinanti atmosferici, consumi di acqua dolce), i danni provocati dalle sostanze inquinanti, la depauperazione della diversità biologica e l’esaurimento delle risorse non rinnovabili non vengono assolutamente presi in considerazione o vengono valutati solo in modo indiretto (pag.8). Inoltre per trasformare in unità di superficie dei dati relativi a risorse il cui consumo non prevede l’utilizzo di superfici si utilizzano anche dei calcoli approssimativi. Per quanto riguarda la produzione di energia queste trasformazioni vengono effettuate utilizzando metodi piuttosto controversi. 

Le risorse abiotiche, come i metalli, non possono essere rappresentati nel modello, quindi questo non considera in modo adeguato lo smaltimento dei rifiuti e il riciclaggio. Se le aziende svizzere riciclano il metallo, dunque, l’impronta ecologica non è inferiore. È paradossale che l’iniziativa, che si pone come obiettivo quello di garantire l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e di chiudere i cicli dei materiali, proponga l’impiego di un metodo che non considera in modo adeguato proprio questo aspetto.

Sarebbe quindi un errore inserire nella Costituzione un metodo così incompleto dal punto di vista scientifico come l’impronta ecologica. Il Consiglio federale segnala inoltre che un obiettivo quantitativo fissato a livello costituzionale darebbe un peso eccessivo all’impronta ecologica rispetto ad altri obiettivi costituzionali (p.1650) e comporterebbe pertanto delle distorsioni massicce nella politica ambientale.