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Sì a una gestione efficiente delle risorse, no all’iniziativa «Economia verde»

A colpo d'occhio

Attraverso l’iniziativa per un’«economia verde» i Verdi intendono promuovere una riduzione radicale di oltre due terzi del consumo di risorse in Svizzera. In linea con la posizione del Consiglio federale e del Parlamento, il mondo economico è contrario a questa iniziativa estrema sulla quale siamo chiamati a votare il 25 settembre. Si tratta di una proposta difficile da attuare e che causerebbe ingenti danni economici al Paese. In più si tratta di una battaglia non necessaria. La Svizzera, più di ogni altra nazione, si impegna già per conciliare un’economia performante con un utilizzo efficiente delle risorse. Occorre dunque proseguire su questa strada di successo.

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L’essenziale in breve

Un’iniziativa dannosa che non raggiunge l’obiettivo

L’iniziativa depositata dai Verdi «Per un’economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse (economia verde)» intende iscrivere nella Costituzione il principio di un’economia circolare rigorosa. In caso d’accettazione, entro il 2050 la Svizzera dovrebbe diminuire il consumo di risorse di oltre il 65% per raggiungere l’impronta ecologica di “un Pianeta”. Questo metodo dell’impronta si fonda su basi scientifiche fragili. Questo obiettivo non può essere raggiunto entro il 2050 senza bruschi cambiamenti strutturali e radicali cambiamenti nei modelli di consumo, come sottolineato dal Consiglio federale (pag.1628) e da vari  

Il Consiglio federale avverte che tale iniziativa potrebbe provocare delle soppressioni di impieghi e costi economici elevati (pag.1652). Per tentare anche soltanto di avvicinarsi a questo radicale obiettivo, infatti, la Confederazione dovrebbe intervenire in modo importante nel sistema economico: sarebbe necessario introdurre nuove tasse ed emanare numerose nuove regolamentazioni sui prodotti e sui processi. 

Nel clima attuale di concorrenza mondiale, una gestione efficiente delle risorse riveste un’importanza esistenziale per l’economia. Le aziende svizzere non sono chiamate a compiere particolari sforzi, in quanto si impegnano già volontariamente in questo senso: solo ottenendo il massimo dalle risorse impiegate, infatti, è possibile battere la concorrenza mondiale. Non c’è da stupirsi dunque che la Svizzera occupi da anni i primi posti delle classifiche internazionali riguardanti l’efficienza energetica e delle classifiche basate su diversi indicatori ambientali.

Posizione di economiesuisse

  • Secondo il Consiglio federale e gli esperti, pensare di ridurre il consumo delle risorse di più del 65%, così come ipotizzato nel testo dell’iniziativa, è utopistico e rappresenta una scelta del tutto inappropriata dal punto di vista della politica economica.
  • La Svizzera da anni è tra i primi Paesi al mondo per quanto riguarda l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e la tutela dell’ambiente, come dimostrato anche da diversi recenti studi.
  • Un’economia rigorosamente circolare non è pensabile né a livello economico né a livello ambientale, in quanto non in tutti i casi il riciclaggio è la scelta più sensata sia dal punto di vista della politica ambientale che dal punto di vista economico. Ottimizzare l’economia circolare è più interessante piuttosto che portarla ai suoi massimi livelli.
  • Le misure necessarie per attuare l’iniziativa, inoltre, provocherebbero una riduzione importante dei posti di lavoro, creerebbero nuovi ostacoli al commercio, ostacolerebbero la competitività e minaccerebbero l’economia e il benessere del Paese sul lungo periodo.
  • Oltre la metà dell’impatto ambientale che la popolazione svizzera causa attraverso i suoi consumi viene generato all’estero. Senza una limitazione drastica dei consumi, le possibilità d’intervento in Svizzera sono limitate.
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Politica ambientale svizzera: ottimizzare localmente, coordinare globalmente

Oltre la metà dell’impatto ambientale della Svizzera viene generato all’estero

Le risorse naturali e un ambiente pulito sono elementi fondamentali per il benessere della nostra società e la crescita dell’economia. La situazione ambientale in Svizzera negli ultimi decenni è migliorata sotto vari punti di vista.  La globalizzazione e la sempre maggiore interconnessione tra i mercati nazionali hanno modificato le sfide poste a livello ambientale. In Svizzera le importazioni sono molto elevate e per questo oltre la metà (pag.1706) dell’impatto ambientale provocato dalla popolazione elvetica è generato all’estero.

Inoltre, alcune delle principali sfide che il mondo si trova ad affrontare, come il cambiamento climatico, la tutela della biodiversità o la scarsità delle risorse, superano i confini nazionali. È quindi richiesto un impegno maggiore, che vada oltre la semplice definizione di procedure concordate a livello internazionale. Proprio per questo si sta cercando di creare una politica internazionale che risponda a queste sfide globali, ma il coordinamento tra numerosi soggetti talvolta può essere molto complesso e richiedere altrettanta pazienza. Si tratta di processi graduali che quando sono intrapresi con ritmi incalzanti possono indurre a prendere scelte eccessive e precipitose. Quando si devono risolvere compiti complessi si spera di trovare soluzioni semplici e questo può portare a scelte sbagliate, battute d’arresto ed effetti collaterali indesiderati.

L’economia svizzera utilizza già le risorse in modo efficiente

L’utilizzo efficiente delle risorse è una tematica che tutte le aziende che operano nella costosa Svizzera affrontano già naturalmente, perché permette di risparmiare sui costi e quindi aumentare la competitività. Le aziende potenziano costantemente i loro impianti produttivi facendo ricorso a tecniche costruttive efficienti e concetti energetici innovativi. In questo modo è possibile migliorare l’efficienza nell’uso delle risorse e chiudere i cicli dei materiali. I promotori dell’iniziativa, invece, sembrano avere una visione distorta della realtà. Ritengono che le aziende debbano essere costrette a fare ciò che è bene per loro. Ma la Svizzera è un Paese altamente tecnologico e da anni occupa le prime posizioni delle classifiche internazionali riguardanti l’ambiente. La piazza economica svizzera è in grado di conciliare in modo ottimale competitività, produttività e tutela delle risorse. Gli effetti ottenuti grazie agli sforzi profusi dalle aziende svizzere sono dimostrati anche dalle recenti statistiche dell’Amministrazione. La crescita economica (PIL) e il consumo di risorse hanno potuto essere dissociati, senza che lo Stato abbia imposto misure vincolanti. L’obiettivo non è stato ancora raggiunto ma la strada che si sta percorrendo è quella giusta ed è necessario proseguire in questa direzione.

Le sfide della globalizzazione non possono essere risolte attraverso singole iniziative nazionali

Nel contesto della globalizzazione le aziende hanno sempre maggiori difficoltà a trovare un equilibrio tra i tre aspetti fondamentali della sostenibilità, ovvero ecologia, economia e socialità. La globalizzazione ha reso le catene di approvvigionamento più complesse, effimere e confuse. Le normative e i divieti imposti a livello nazionale rischiano di ostacolare la competitività e l’innovazione, due dei principali motori del benessere e del progresso tecnologico. Il margine di manovra della Confederazione è, per definizione, limitato all’estero, anche per quanto riguarda le questioni ambientali. Fuori dalla Svizzera, non è possibile ottenere risultati mediante dei vincoli. Non bisogna poi dimenticare che la Svizzera ha concluso numerosi accordi internazionali ampiamente incompatibili con il contenuto dell’iniziativa (pag.1706).

In molti settori la Svizzera rappresenta il Paese verde per eccellenza

La Svizzera occupa costantemente le prime posizioni di numerose classifiche relative alla sostenibilità a livello internazionale. Quando si tratta di conciliare crescita e sostenibilità il Paese è in grado di ottenere risultati eccellenti. Inoltre, anche per quanto riguarda l’innovazione e la competitività da anni la Confederazione è ai primi posti delle classifiche stilate dal WEF e dall’OCSE, ma si distingue anche nei settori della sostenibilità e dell’efficienza energetica e delle risorse.

Rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente (SOER 2015):

In materia di produttività delle risorse (grafico 1) la Svizzera è da anni ai vertici delle classifiche. Inoltre fa pure parte degli Stati europei con la migliore efficienza nell’utilizzo delle risorse.

Energy Trilemma Index (2015):

Dal 2011, anno della sua prima pubblicazione, il WEC (World Energy Council) redige ogni anno il suo «Energy Trilemma Index», in cui confronta fattori quali «sicurezza energetica», «accessibilità economica dell’energia» ed «ecocompatibilità» di più di 120 Paesi. Fin dall’inizio la Svizzera ha sempre occupato il primo posto nelle classifiche internazionali e i punteggi più alti che ha ottenuto sono quelli relativi all’«ecocompatibilità».

Global Competitiveness Report (2015/2016): 

Il Forum economico mondiale analizza la competitività e le prospettive di crescita di oltre 144 Paesi. Per la settima volta consecutiva la Svizzera è al primo posto di entrambe le classifiche. Il rapporto sottolinea che essa concilia in maniera ottimale sviluppo sostenibile e competitività.

RobecoSAM Country Sustainability Ranking (2016):

RobecoSAM analizza e valuta con cadenza semestrale lo sviluppo sostenibile e in particolare le sue dimensioni ambientali e sociali in 62 Paesi (ESG performance). Nell’ultima valutazione del maggio 2016 la Svizzera ha ottenuto ottimi risultati classificandosi al secondo posto, a pochissima distanza dalla Svezia, prima classificata.

UNEP Decoupling-Report (2011):

Secondo lo studio del Programma delle nazioni unite per l’ambiente (UNEP) la Svizzera è l’economia nazionale che, nella sua categoria, presta maggiore attenzione alla tutela delle risorse ed è in grado di conciliare crescita e sostenibilità in modo ottimale.

Grafico 1

In Europa la Svizzera è al primo posto per quando riguarda la produttività delle risorse.

Confronto tra i diversi Paesi per quanto riguarda la produttività delle risorse

La produttività delle risorse rappresenta il rapporto tra la crescita economica e il consumo di risorse naturali.

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L’iniziativa: agire a fin di bene non basta

Di cosa si tratta?

L’iniziativa popolare «Per un’economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse (economia verde)» dei Verdi intende modificare la Costituzione per obbligare la Confederazione, i Cantoni e i Comuni a condurre un’economia sostenibile e che sfrutti in modo efficiente le risorse. L’obiettivo è quindi quello di imporre a livello costituzionale alla Svizzera e ai suoi cittadini la riduzione dell’«impronta ecologica» da circa 3 a 1 pianeta Terra. L’iniziativa non propone una definizione dell’«impronta ecologica». Se ci si basasse su quella del Global Footprint Network, la più popolare, si tratterebbe di un metodo che non è basato su solidi fondamenti scientifici, in quanto non consente di formulare delle affermazioni complete né sull’inquinamento ambientale né sull’efficienza delle risorse. Da un punto di vista democratico, si dubita che un'organizzazione privata possa modificare il sistema di misurazione in totale indipendenza influenzando così un obiettivo costituzionale. 

Tenendo conto delle cifre attuali del Global Footprint Network l’«impronta ecologica» svizzera dovrebbe essere ridotta di oltre il 65%. Per tentare anche soltanto di avvicinarsi al radicale obiettivo enunciato in modo innocente nel titolo, però, la Confederazione dovrebbe intervenire in modo massiccio nel sistema economico: alcune delle iniziative necessarie sarebbero l’introduzione di nuove tasse e regolamentazioni relative ai prodotti e ai processi di produzione.

Testo dell'iniziativa

Art. 94a (nuovo) Economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse

1 La Confederazione, i Cantoni e i Comuni operano a favore di un’economia sostenibile ed efficiente in  materia di gestione delle risorse. Promuovono la chiusura del ciclo della materia e provvedono affinché le attività economiche non pregiudichino il potenziale delle risorse naturali, evitando il più possibile i pericoli e i danni all’ambiente.

2 Per attuare i principi di cui al capoverso 1, la Confederazione fissa obiettivi a medio e a lungo termine. All’inizio di ogni legislatura redige un rapporto sul grado di raggiungimento di tali obiettivi. Nel caso in cui essi non vengano raggiunti, nell’ambito delle loro competenze la Confederazione, i Cantoni e i Comuni adottano misure supplementari o rafforzano quelle esistenti.

3 Per promuovere un’economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse, la Confederazione può segnatamente: 

a) promuovere la ricerca, l’innovazione e la commercializzazione di beni e servizi, nonché le sinergie fra attività economiche;

b) emanare prescrizioni sui processi di produzione, sui prodotti e sui rifiuti, nonché sugli acquisti pubblici;

c) adottare misure di natura fiscale o budgetaria; in particolare può istituire incentivi fiscali positivi e prelevare sul consumo delle risorse naturali un’imposta di incentivazione a destinazione vincolata o senza incidenza sul bilancio.

Disposizioni transitorie della Costituzione federale relative all’art. 94a 

Art. 197 n. 8 (nuovo)

Entro il 2050 l’«impronta ecologica» della Svizzera viene ridotta in modo tale che, rapportata alla popolazione mondiale, non superi l’equivalente di un pianeta Terra.

Un colpo di scure per economia e consumi

L’iniziativa auspica un’«economia verde». Fin qui, l’obiettivo dell’iniziativa corrisponde alle preoccupazioni del mondo economico. Di fatto, numerose aziende svizzere contribuiscono già a un’economia più verde e quindi più attenta all’ambiente. L’idea di fondo dell’iniziativa popolare quindi non è sbagliata, ma gli strumenti che vengono proposti per raggiungere l’obiettivo non sono adeguati. Un calendario rigido, un obiettivo quantitativo e il discutibile metodo di misurazione sono nella maggior parte dei casi controproducenti. Le sfide ecologiche non possono essere affrontate attraverso tagli netti all’economia e ai consumi: eppure sarebbero proprio queste le conseguenze di tale iniziativa. L’obiettivo è ridurre l’attuale consumo di risorse di oltre il 65%. Il Consiglio federale calcola che per ottenere una riduzione anche soltanto del 40% siano necessarie misure drastiche (pag.1628). Di conseguenza ritiene che la riduzione auspicata di almeno il 65% sia «difficilmente raggiungibile» e che l’iniziativa sia «non attuabile» (pag.1628). Anche altri grande prestigio giungono alla stessa conclusione. L’iniziativa non è in grado di mantenere le sue promesse e secondo il Consiglio federale provocherebbe delle soppressioni di posti di lavoro e costi economici colossali (pag.1652). È risaputo che i siti di produzione, quindi i posti di lavoro, possono anche essere spostati all’estero, così come i consumi (commercio online e turismo degli acquisti). In questo modo le sfide ambientali si sposterebbero semplicemente all’estero e non verrebbero risolte. Ma il minor benessere e la perdita dei posti di lavoro colpirebbero unicamente il nostro Paese.

Aumentare l’efficienza non basta

Da anni, nelle loro ricerche, gli esperti sono giunti alla conclusione che i progressi raggiunti costantemente dalle aziende in termini di efficienza sono in parte annullati dai maggiori consumi (effetto rebound). Questo è uno dei motivi per cui le misure tecniche volte all’aumento dell’efficienza non sono sufficienti per raggiungere lo scopo dell’iniziativa. Per ridurre il consumo di risorse si deve modificare in modo drastico i comportamenti dei consumatori, come anche dimostrato nello studio commissionato dal Consiglio federale Per la popolazione svizzera questo significa quindi un’importante riduzione dei consumi. Rimane però del tutto oscuro come sia possibile raggiungere questo obiettivo in un mondo globalizzato e con un’economia interconnessa come quelli attuali. Quel che è certo è che, anche se si raggiungessero enormi progressi tecnologici, non sarebbe praticamente possibile ridurre il consumo di risorse di oltre il 65 percento senza imporre importanti limiti ai nostri standard di vita per quanto riguarda la mobilità, gli alloggi, l’alimentazione e il tempo libero. Poiché questi tre settori sono infatti responsabili per oltre due terzi del carico inquinante complessivo risultante dal consumo in Svizzera

L’impronta ecologica, un metodo esplicativo, ma non basato su solidi fondamenti scientifici

In una scheda informativa l'Ufficio federale dell'ambiente (UFAM) definisce l’impronta ecologica nel modo seguente: "Questo noto metodo indica il risultato complessivo in ettari globali. Tuttavia, si prendono in considerazione solo due aspetti ambientali: le emissioni di CO2 fossile e l’uso del suolo. Altre importanti questioni ambientali come l'aria, il suolo e l'inquinamento delle acque, il trattamento dei rifiuti o lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi non sono inclusi".

Se si vuole andare oltre, l’impronta ecologica indica il consumo di risorse naturali tradotto in unità di superficie. Il più diffuso a livello internazionale è il metodo dell’impronta ecologica di Wackernagel (cofondatore del Global Footprint Network ) e Rees. Questo metodo viene spesso ripreso perché è esplicativo e consente di tradurre delle situazioni complesse in modo tale che siano facilmente comprensibili. Tuttavia, se deve essere utilizzato come modello scientifico o, così come vorrebbe l’iniziativa, come base per un articolo della Costituzione in base al quale viene stabilità l’efficienza delle risorse di un intero Paese, questo metodo è troppo poco solido e palesemente non adeguato.

Con questo metodo l’utilizzo e lo sfruttamento della natura, come la coltivazione dei terreni, il consumo di energia o di legname, vengono indicati attraverso la quantità di superficie che sarebbe necessaria per mettere a disposizione queste risorse attraverso fonti rinnovabili. L’unità di misura utilizzata per esprimere l’impronta ecologica di una regione, di un Paese o del mondo intero è l’ettaro globale. Attraverso questo stesso metodo è possibile calcolare anche la «biocapacità», ovvero la capacità della natura di produrre materie prime e smaltire le sostanze nocive (pag.2-5). L’impronta ecologica esprime quindi i consumi, in qualsiasi forma, attraverso un ipotetico fabbisogno di superficie e vuole mostrare se e in che misura lo sfruttamento della natura superi la capacità della biosfera di rigenerarsi. Nella primavera 2016 il Global Footprint Network ha calcolato che l’impronta della Svizzera è pari a 3,3 pianeti Terra a persona.

L’impronta ecologica non può essere inserita nella Costituzione

Il metodo dell’impronta ecologica considera i flussi di sostanze biologiche e dei consumi di energia fossile. Tuttavia, altri aspetti fondamentali come le risorse abiotiche (ad es. metalli, inquinanti atmosferici, consumi di acqua dolce), i danni provocati dalle sostanze inquinanti, la depauperazione della diversità biologica e l’esaurimento delle risorse non rinnovabili non vengono assolutamente presi in considerazione o vengono valutati solo in modo indiretto (pag.8). Inoltre per trasformare in unità di superficie dei dati relativi a risorse il cui consumo non prevede l’utilizzo di superfici si utilizzano anche dei calcoli approssimativi. Per quanto riguarda la produzione di energia queste trasformazioni vengono effettuate utilizzando metodi piuttosto controversi. 

Le risorse abiotiche, come i metalli, non possono essere rappresentati nel modello, quindi questo non considera in modo adeguato lo smaltimento dei rifiuti e il riciclaggio. Se le aziende svizzere riciclano il metallo, dunque, l’impronta ecologica non è inferiore. È paradossale che l’iniziativa, che si pone come obiettivo quello di garantire l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e di chiudere i cicli dei materiali, proponga l’impiego di un metodo che non considera in modo adeguato proprio questo aspetto.

Sarebbe quindi un errore inserire nella Costituzione un metodo così incompleto dal punto di vista scientifico come l’impronta ecologica. Il Consiglio federale segnala inoltre che un obiettivo quantitativo fissato a livello costituzionale darebbe un peso eccessivo all’impronta ecologica rispetto ad altri obiettivi costituzionali (p.1650) e comporterebbe pertanto delle distorsioni massicce nella politica ambientale.

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Strumenti inappropriati per il territorio nazionale

Costi economici sproporzionati

Per attuare l’iniziativa la Confederazione dovrebbe interferire nel sistema economico attraverso misure incisive di pianificazione economica. Questo porterebbe dunque a una riduzione dei consumi, a un repentino cambiamento strutturale con effetti negativi sull’occupazione e, di conseguenza, costi economici sproporzionati.

Fissare arbitrariamente delle quote ostacolerebbe un’economia circolare ottimale

L’idea dei promotori dell’iniziativa di aumentare l’economia a ciclo chiuso fino a portarla ai massimi livelli anche nella vita di tutti i giorni è irrealistica, sia dal punto di vista economico che ambientale. In molti casi far rientrare nei processi di produzione i rifiuti è piuttosto complicato, non soltanto a causa dei limiti tecnici. Quando si fissano arbitrariamente delle quote, ossia si cerca di portare il riciclaggio ai massimi livelli invece di ottimizzarlo, le spese che ne derivano aumentano in maniera esponenziale. Lo smaltimento dei RAEE ne è un esempio calzante. In Svizzera oltre il 70% delle materie prime contenute nei RAEE conferiti per il riciclaggio rientrano nel ciclo economico. Nessun altro Paese al mondo raggiunge una percentuale di riciclaggio così elevata. Per estrarre le materie prime dai RAEE è necessario ricorrere a diversi processi. Alcune materie prime possono essere recuperate direttamente dai singoli componenti, in altri casi invece i materiali devono essere prima sottoposti a processi complessi. Uno smartphone, ad esempio, contiene oltre 60 metalli diversi, in parte presenti soltanto nell’intensità dei microelementi o sotto forma di leghe diverse. Quando è possibile e sensato questi metalli vengono già estratti e riutilizzati. Tuttavia, se fosse presente una normativa statale che impone di separare il più possibile queste materie prime, per ottenere anche delle quantità minime di metalli sarebbe necessario ricorrere a tecnologie costose e che risulterebbero dannose per l’ambiente, perché impiegano temperature o pressioni particolarmente elevate o richiedono l’impiego di acidi o altre sostanze. Queste operazioni, oltre a essere antieconomiche, sono soprattutto dannose per l’ambiente, perché le risorse ambientali necessarie per separare e trattare i materiali da riciclare sono maggiori rispetto alle risorse risparmiate attraverso il riciclaggio stesso. In altre parole, anche utilizzando processi ad alta efficienza dal punto di vista ambientale le risorse naturali utilizzate sarebbero maggiori rispetto ai guadagni ottenuti in termini ecologici. 

Grafico 2

Non sempre è sensato dal punto di vista ambientale riciclare completamente un prodotto. 

Rappresentazione complessiva dei profitti, dei costi e dei guadagni dal punto di vista ambientale in base alla percentuale di riciclaggio.

Schema zur optimalen Recyclingquote

I costi della burocrazia

L’iniziativa dei Verdi vuole obbligare la Confederazione a dettare regolamentazioni sui processi produttivi e i prodotti. Prescrizioni apparentemente semplici potrebbero stabilire requisiti praticamente impossibili da soddisfare. L’introduzione di disposizioni estreme per la messa in commercio dei prodotti provocherebbe costi elevati e una burocrazia immensa per l’economia (pag.1702), anche a causa degli obblighi di diligenza e di informazione.

Gli incentivi statali provocano più danni che benefici

Nel settore ambientale esistono numerosi consulenti privati ed operatori privati che verificano l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e a livello energetico delle aziende, suggeriscono misure adeguate da attuare e le aiutano a implementarle. Un’eventuale promozione da parte dello Stato di singoli operatori di servizi creerebbe una disparità di trattamento. I bandi di concorso, invece, costringono i singoli privati a dipendere dalle casse dello Stato e allontanano gli operatori indipendenti. Neppure le misure statali di commercializzazione dei beni e dei servizi sono una soluzione praticabile, perché costose e perché forzano il mercato. Gli incentivi statali, quindi, seppure elaborati con buone intenzioni finiscono per provocare più danni che benefici, perché gli attori o le tecnologie che ricevono queste sovvenzioni non hanno la possibilità di diventare o restare competitivi sul mercato.

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Conseguenze sull’integrazione internazionale della Svizzera

Possibilità di intervento limitate oltreconfine

L’economia svizzera è fortemente integrata a livello internazionale. In un’economia globalizzata come quella odierna spesso le diverse fasi del ciclo di vita di un prodotto (pag.1637) (produzione, trasporto, utilizzo, smaltimento) si svolgono in Paesi diversi. L’integrazione internazionale delle catene di creazione del valore richiede dunque che sia indispensabile coordinare a livello internazionale una strategia tendente a ridurre l’impatto ambientale. Quindi, se la Svizzera vuole mantenere anche in futuro i propri legami con l’economia internazionale, le sue possibilità di intervento sono limitate fin dall’inizio.

Le singole iniziative influiscono negativamente sulla competitività

Prescrizioni ambientali ancora più severe e applicabili soltanto sul territorio elvetico avrebbero ripercussioni negative sui produttori e i commercianti svizzeri. Si creerebbero infatti una serie di nuovi ostacoli al commercio, i prodotti di importazione risulterebbero più convenienti rispetto a quelli nazionali, mentre i prodotti esportati più costosi. La differenza rispetto ai prezzi applicati nei Paesi confinanti metterebbe nuovamente in moto il turismo degli acquisti e rafforzerebbe l’idea che la Svizzera è un’isola dei prezzi elevati. Inoltre le aziende svizzere sono legate alle catene di creazione del valore globali sotto vari punti di vista. Se le regolamentazioni speciali da rispettare aumenteranno, le aziende svizzere saranno sempre più spesso escluse dai processi globali e le multinazionali saranno portate a spostare le proprie sedi dalla Svizzera, perché la piazza economica elvetica non eserciterà più la stessa attrattiva di un tempo. Anche in assenza di ulteriori normative molte aziende al loro interno applicano standard di sostenibilità consolidati e richiedono che gli stessi principi siano rispettati anche lungo tutta la catena di creazione del valore dei loro prodotti. 

Incompatibile con gli accordi internazionali

La Svizzera trae enormi vantaggi dal commercio internazionale. Per rafforzare i rapporti con l’estero e favorire il commercio a livello internazionale di prodotti e servizi ha assunto diversi impegni all’interno dell’OMC, nei confronti dell’UE e con altri Stati firmando accordi di libero scambio o accordi bilaterali. Questi accordi potrebbero però essere in contrasto  (pag.1706) con le misure che il Consiglio federale sarebbe costretto ad attuare per raggiungere l’obiettivo radicale stabilito dall’iniziativa.  La Svizzera non può rischiare di essere esclusa dal commercio internazionale.

Ad esempio, il divieto di importare prodotti i cui processi e i metodi di produzione non sono tracciabili sul prodotto, violerebbe l’obbligo di non discriminazione del GATT. Bisogna rispettare anche l’accordo di libero scambio concluso con la Comunità Economica Europea (art. 13 dell’Accordo tra la Confederazione Svizzera e la Comunità Economica Europea). Nel caso in cui il Consiglio federale decidesse di introdurre misure che limitano l’utilizzo di materiali o prodotti a determinati scopi, di obbligare gli operatori economici a fornire determinate informazioni o di stabilire requisiti particolari per la messa in commercio di materie prime e prodotti, questo potrebbe limitare il commercio e quindi la Svizzera rischierebbe di violare gli accordi. Se si decidesse di stabilire dei requisiti particolari per la messa in commercio dei prodotti sarebbe necessario tenere presenti anche gli accordi sottoscritti dalla Confederazione Svizzera con l’UE sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità (riconoscimento reciproco della conformità dei prodotti) e gli accordi in materia di agricoltura. Eventuali nuovi requisiti per la messa in commercio di materie prime e prodotti, dunque, dovrebbero essere valutati caso per caso (pag.1706) per verificarne la compatibilità con gli accordi con l’UE (allegato 1 dell’accordo tra Svizzera e UE del 21 giugno 1999. RS 0.946.526.81.). 

La Svizzera è inoltre tenuta a rispettare l’accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi (accordo TBT), che stabilisce che ogni misura adottata deve essere il più possibile in linea con gli standard internazionali. In caso contrario la proposta potrebbe essere considerata sproporzionata e quindi discriminante per il commercio (pag.1706). Nel quadro di questo accordo, i progetti relativi a normative tecniche prima dell’approvazione devono essere sottoposti agli altri Stati membri dell’OMC per una presa di posizione. Le normative tecniche della Svizzera, dunque, devono essere in linea con gli standard definiti a livello internazionale, quando presenti. 

L’introduzione di misure di politica ambientale drastiche comprometterebbe il complesso sistema dei rapporti commerciali della Svizzera a livello internazionale e potrebbe violare gli accordi internazionali. Inoltre, andrebbe sicuramente ad aumentare la burocrazia, l’incertezza del diritto e i costi. 

Forse si dimentica che i prodotti delle aziende svizzere rispondono già oggi a elevati standard ambientali. Se queste aziende decidessero di spostare la propria sede o delocalizzare i centri di produzione, ciò rappresenterebbe una perdita per l’ambiente.

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Un’economia futura che utilizza in modo efficiente le risorse

Utilizzo degli strumenti esistenti

Il mondo economico intende continuare a perseguire l’obiettivo di un’economia sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale. L’elevata tutela dell’ambiente deve essere mantenuta ed eventuali falle devono essere colmate attraverso misure adeguate. L’attuale base costituzionale permette già di adottare misure concrete volte al raggiungimento di un’economia verde attraverso leggi o ordinanze (pag.1645). Non è quindi necessario apportare modifiche alla Costituzione. La Confederazione dispone già di strumenti adeguati che, in caso di necessità, possono essere adeguati o rivisti. La modifica dell’ ordinanza sui rifiuti (OPSR) è entrata in vigore a gennaio 2016 e svariate ordinanze in ambito ambientale vengono costantemente adeguate. La revisione della legge sul CO2 sarà lanciata entro la fine dell’anno. In questo contesto, economiesuisse sostiene l’ambizioso obiettivo di politica climatica di una riduzione delle emissioni di nazionali di CO2 del 50% entro il 2030 (rispetto al 1990). Tuttavia, l’organizzazione propone di sostituire gli obiettivi definiti (a livello nazionale e all’estero) con un approccio flessibile.

Contesto favorevole all’innovazione

Per affrontare le sfide attuali e future che si presenteranno lungo il percorso verso un’economia più sostenibile le aziende devono essere pronte ad adeguarsi in modo flessibile ai mutamenti. Questo è possibile grazie a condizioni quadro che favoriscono l’innovazione e l’iniziativa aziendale. Il successo del sistema svizzero dimostra che l’industria attraverso la propria responsabilità, gli incentivi economici e la collaborazione internazionale può contribuire in modo significativo alla tutela dell’ambiente a livello locale e globale. Inoltre, è necessario sfruttare le possibilità offerte dalla digitalizzazione, dalla sharing economy e dal patrimonio di conoscenze nel settore della tecnologia ambientale e farle conoscere in tutto il mondo attraverso il commercio internazionale. L’economia sviluppa costantemente nuove soluzioni per quanto riguarda l’edilizia innovativa, la produzione industriale, la mobilità, la produzione di energia o la tutela dell’ambiente e del clima.

Maggiore efficacia dei risultati grazie alla tecnologia di punta

La Svizzera, grazie al suo ruolo di fornitore globale di innovazione e tecnologia di punta, è molto influente a livello internazionale. Il caso di ABB è esemplare: semplicemente attraverso l’impiego delle tecnologie di ABB volte ad aumentare l’efficienza nel settore dei motori elettrici, in tutto il mondo ogni anno è possibile risparmiare la quantità di energia consumata da 40 milioni di famiglie europee. Le nostre imprese, tuttavia, esportano anche elevati standard ambientali e sociali nei centri di produzione esteri, contribuendo a una crescita sana e sostenibile di questi territori. 

Armonizzazione internazionale e nessuna discriminazione

Le aziende svizzere non devono essere discriminate in modo sconsiderato dai mercati europei e internazionali. È per questo, dunque, che eventuali normative nazionali riguardanti i prodotti e i processi di produzione, come i divieti sulle sostanze e gli standard minimi, devono essere obbligatoriamente concordati a livello internazionale, per non mettere a rischio la libera circolazione delle merci. La Svizzera non può isolarsi dal commercio internazionale. È necessario favorire l’armonizzazione con la tabella di marcia dell’UE per un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse e con la strategia dell’OCSE. 

Condizioni uguali e nessuna distorsione dei mercati

Tutti hanno a cuore il benessere dell’ambiente. Piuttosto che limitare l’economia attraverso normative e vincoli soffocanti e discutibili, è meglio lasciare alle aziende innovative lo spazio di cui hanno bisogno, in modo che con le loro tecnologie efficienti possano contribuire a migliorare e far risparmiare l’intero pianeta. Per permettere tutto questo non serve imporre vincoli severi, ma sono sufficienti degli incentivi economici. Le sovvenzioni da parte dello Stato a favore di singole aziende o tecnologie portano sempre a una distorsione dei mercati e creano disuguaglianze nel trattamento, provocando quindi più danni che benefici.

Gestione professionale dei rifiuti

Il livello di benessere elevato ha fatto aumentare i consumi e di conseguenza anche la quantità di rifiuti urbani. A livello internazionale la Svizzera svolge un ruolo pionieristico per quanto riguarda il trattamento dei rifiuti. Circa la metà di tutti i rifiuti urbani prodotti annualmente passa attraverso i sistemi di riciclaggio permettendo il riutilizzo delle materie prime. Il resto viene trattato termicamente in impianti di incenerimento. Il calore risultante viene utilizzato in Svizzera per produrre energia. Facendo un confronto con l’UE dove in media oltre il 30 percento di tutti i rifiuti urbani non trattati viene ancora smaltito nelle discariche, in alcuni Paesi questa percentuale raggiunge addirittura l’80%, mentre in Svizzera è praticamente pari a zero. In Svizzera i rifiuti urbani che vengono riciclati o compostati superano il 50%, mentre la media dell’UE si attesta al 40%. La quantità elevata di rifiuti lordi prodotti in Svizzera dipende, oltre che dall’elevato livello di benessere, anche da alcuni vincoli normativi nazionali riguardanti salute, igiene e sicurezza (promossi ad esempio delle leggi sulla tutela dei consumatori).

Per decenni i fanghi di depurazione sono stati utilizzati come preziosi fertilizzanti nell’agricoltura ed erano un esempio sensato di chiusura del ciclo dei materiali. Con la crisi della BSE del 2006 questa pratica è stata vietata perché queste sostanze possono contenere potenziali agenti patogeni. Da quel momento i fanghi di depurazione vengono smaltiti negli inceneritori e questo ovviamente si ripercuote sulle statistiche relative ai rifiuti.

Nonostante il suo ruolo pionieristico la Svizzera continua a progredire. Il primo gennaio 2016 è entrata in vigore l’Ordinanza sulla prevenzione e lo smaltimento dei rifiuti (OPSR). Tra i suoi obiettivi vi è anche quello di sviluppare ulteriormente la gestione dei rifiuti per arrivare a un’economia a ciclo chiuso. Inoltre, nell’ambito del dialogo sui rifiuti, economiesuisse, in collaborazione con diversi stakeholder, sta verificando la possibilità di adottare altre misure volte a ottimizzare la gestione dei rifiuti e delle risorse fino al 2030.

Grafico 3

La Svizzera è un modello esemplare per quanto riguarda il riciclaggio. Essa utilizza i rifiuti per produrre energia o estrarre e riutilizzare le materie prime.

Riciclaggio in Svizzera

Fonte: 2015 © DFAE, Presenza Svizzera / Fonti (2014): Ufficio federale di statistica (UST), Swiss Recycling: https://www.eda.admin.ch/content/dam/PRS-Web/bilder/infografiken/de/7.2.7_DE.jpg

Schweiz ist Recycling-Weltmeister
Baum

Il mondo economico è contrario all’iniziativa

Le imprese svizzere sono leader in tutto il mondo per quanto riguarda la capacità di conciliare crescita e sostenibilità. La Svizzera occupa costantemente i primi posti nelle classifiche internazionali sulla sostenibilità, è un modello per gli altri Paesi per quanto riguarda il riciclaggio e, grazie a un sistema privato, riesce ad ottenere percentuali che l’UE e gli USA possono soltanto sperare di raggiungere. L’economia svizzera si sta impegnando sia oggi che in prospettiva futura a favore di un’economia che utilizzi in modo efficiente le risorse, ma un’economia verde così come prevista dall’iniziativa è irrealistica.

Obiettivi irrealistici dell’iniziativa

I promotori dell’iniziativa chiedono che entro il 2050 la Svizzera riduca di oltre il 65% la sua impronta ecologica. Secondo il Consiglio federale e gli esperti si tratta di un obiettivo utopistico e di un’idea assolutamente inadeguata dal punto di vista della politica economica. Inoltre, il metodo che dovrebbe essere utilizzato per verificare il raggiungimento dell’obiettivo paradossalmente non è in grado di misurare in modo adeguato né il minor consumo di risorse né l’inquinamento ambientale.

L’economia svizzera si sta colorando di verde volontariamente

La Svizzera è da anni tra i primi Paesi al mondo per quanto riguarda l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e la tutela dell’ambiente, come dimostrato anche da diversi studi recenti. La Confederazione elvetica non è soltanto un modello per gli altri Paesi per il riciclaggio: le imprese svizzere occupano ogni anno i primi posti delle classifiche relative alla sostenibilità. Questo dimostra che per migliorare l’efficienza nell’utilizzo delle risorse è necessario agire in un contesto che favorisca l’innovazione e il modo più semplice per raggiungere questo obiettivo è stabilire condizioni quadro liberali.

Ottimizzare e non massimizzare

La Svizzera già oggi è una campionessa del riciclaggio. Un’economia completamente a ciclo chiuso non è pensabile né a livello economico né a livello ambientale. Il riciclaggio in alcuni casi è la scelta più sensata sia dal punto di vista della politica ambientale che dal punto di vista finanziario. Per intervenire in modo mirato è necessario ottimizzare l’economia a ciclo chiuso piuttosto che portarla ai suoi massimi livelli.

Le singole iniziative minacciano il benessere della Svizzera

Le misure necessarie per attuare l’iniziativa distruggerebbero numerosi impieghi, creerebbero nuovi ostacoli al commercio, frenerebbero la concorrenza e minaccerebbero l’economia e il benessere. Anche il Consiglio federale ritiene che l’adozione dell’iniziativa possa provocare un repentino cambiamento strutturale con un aumento della disoccupazione ed elevati costi a carico dell’economia nazionale. 

Discriminazione delle imprese svizzere

Se il commercio e i produttori svizzeri fossero costretti a rispettare normative ambientali più rigide rispetto a quelle della concorrenza estera, questo potrebbe influire negativamente sulla loro competitività: i prodotti di importazione risulterebbero più convenienti e i prodotti destinati all’esportazione più cari. Inoltre, se la Svizzera non vuole mettere a rischio i propri accordi di libero scambio non può prevedere un aumento delle tasse sulle importazioni.

Possibilità di intervento limitate all’estero

Oltre la metà dell’impatto ambientale dei consumi svizzeri viene generato all’estero, di conseguenza le possibilità di intervento in Svizzera sono limitate già in partenza.

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