
L’approvvigionamento di merci in tempo di crisi: analisi e misure per la Svizzera
A colpo d'occhio
Dopo l’inizio della pandemia di coronavirus, le catene di valore mondiali sono in tilt. Si tocca con mano che l’approvvigionamento di merci non è così scontato. Pretendere che l’economia svizzera ricorra in minor misura al commercio mondiale non risolverà però questo problema – dopo oltre un anno e mezzo di crisi, la necessità del commercio internazionale è più che evidente. Ma se la Svizzera volesse superare con successo le future crisi, dovrebbe rafforzare durevolmente la sua resilienza sistemica mediante misure a livello nazionale e internazionale.
L’essenziale in breve
Nella primavera 2020, il mondo intero ha percepito direttamente la carenza di forniture mediche nonché di mascherine di protezione o disinfettanti. Dopo l’inizio del 2021, da una parte la congiuntura si è ripresa, ma le difficoltà registrate dalle catene di valore mondiali non sono scomparse, anzi. Al contrario, porti sovraffollati e un divario tra l’offerta e la domanda stanno causando ritardi di fornitura in tutto il mondo.
Le conseguenze economiche della pandemia hanno rilanciato, in Svizzera, il dibattito su un approvvigionamento sicuro. Da più parti viene richiesta una maggiore autosufficienza. La crisi ha tuttavia mostrato che dissociare l’economia svizzera dal commercio mondiale non costituirebbe il giusto mezzo per rafforzare l’approvvigionamento di merci. Grazie a reti diversificate, completate da opportune misure all’interno del paese (ad esempio stock obbligatori), la Svizzera non ha sofferto di lunghe penurie per beni importanti.
Non si possono però escludere altre crisi. È dunque importante intraprendere, a livello nazionale e internazionale, riforme che rafforzino la resilienza della Svizzera a lungo termine. Si tratta ad esempio di rafforzare il commercio digitale o di intensificare la cooperazione internazionale in materia di ricerca e sviluppo.
Posizione di economiesuisse
- Sì ad un approvvigionamento sicuro, no all’autosufficienza: la Svizzera è un paese dalle capacità di produzione limitate. In quanto tale, deve continuare a rafforzare e sviluppare il proprio accesso ai mercati mondiali.
- Concentrarsi sull’apertura invece di isolarsi: il commercio mondiale resta la base di un approvvigionamento stabile. Durante la pandemia di covid si è visto che le restrizioni commerciali sono controproducenti.
- Diagnosi errata di delocalizzazione: non si risolve un problema di approvvigionamento concentrandosi sulla tappa della produzione finale. Il problema viene semplicemente spostato lungo la catena di produzione.
- Migliorare la resistenza sistemica a lungo termine: la prossima crisi non sarà necessariamente di natura epidemiologica. Occorre trarre un insegnamento dalla pandemia, non limitandosi unicamente alla questione dell’approvvigionamento di merci. La Svizzera deve imparare a reagire meglio agli choc imprevisti di ogni genere.

Un’analisi differenziata nonostante la persistenza della crisi
La pandemia e le sue conseguenze economiche hanno posto in evidenza l’utilità, la complessità e la fragilità delle catene di valore mondiali. La disponibilità di un bene essenziale non è scontata. In quanto paese con un piccolo mercato interno e privo di materie prime, si pongono le seguenti questioni:
- Come può la Svizzera garantire il proprio approvvigionamento in merci nel contesto di catene di valore transfrontaliere?
- Qual è il ruolo dell’economia e dello Stato a tale proposito?
- Quali lezioni bisogna trarre dalla pandemia attuale per prevenire meglio i rischi futuri ed essere in grado di reagire più efficacemente in caso di crisi?
L’esperienza acquisita in oltre 18 mesi di pandemia permette di fare la distinzione tra le penurie d’approvvigionamento supposte e reali, e tra la certezza d’approvvigionamento e l’autosufficienza. Al momento di analizzare anche le cause, occorre separare bene i miti dai fatti. Anche le raccomandazioni concrete formulate dagli ambienti economici si basano su un’analisi differenziata.

Chi dice certezza d’approvvigionamento non dice autosufficienza
La Svizzera intende approvvigionarsi in beni e servizi importanti. La «certezza d’approvvigionamento» è garantita quando dei beni vitali sono disponibili in quantità sufficiente. Alcuni preferiscono produrre il più possibile nel paese. Ora non è certo che un simile «autoapprovvigionamento» sia possibile.
Un’occhiata alle statistiche mostra che la Svizzera è lungi dal poter produrre essa stessa tutti i beni essenziali dai quali dipende dalle importazioni. È il caso ad esempio delle derrate alimentari. Nel 2018, il tasso di autoapprovvigionamento netto (rapporto tra la produzione nazionale e il consumo nazionale) era del 51% in ragione della scarsa superficie agricola utile. Questa produzione è però stata possibile solo grazie alle importazioni, in particolare di macchine agricole, di diesel o di foraggio. Ciò è ancora più vero per il petrolio. In questo settore, la Svizzera è totalmente dipendente dalle importazioni.
Questa dipendenza non è nuova. Nel corso degli ultimi cento anni, la Svizzera non ha mai potuto né dovuto essere totalmente autosufficiente. Bisogna però considerare che, nonostante epidemie come la SARS (2003), l’influenza suina (2009) o attualmente il coronavirus, la sicurezza d’approvvigionamento alimentare non è mai stata in pericolo nel corso degli ultimi decenni. L’approvvigionamento era assicurato – anche se la Svizzera non fosse stata autosufficiente. Per questo, sono però necessarie una moltitudine di strumenti e di misure.
Come assicura la Svizzera il suo approvvigionamento in beni?
Secondo la legge sull’approvvigionamento del paese (LAP), l’approvvigionamento della Svizzera in beni e servizi vitali spetta all’economia. Lo Stato si limita a fornire il suo sostegno (principio di sussidiarietà). La competenza è presso l’Approvvigionamento economico del paese (AEP), in seno all’Ufficio federale per l’approvvigionamento economico del paese (UFAE).
L’AEP dispone di vari strumenti per approvvigionare il paese. Tutte le misure sono da ritenere come un complemento alle importazioni di beni provenienti dall’estero.
- Stock obbligatori: se l’approvvigionamento di un bene non potesse più essere garantito dal mercato a causa delle penurie, la Confederazione potrebbe liberare riserve obbligatorie. Sono stoccati lo zucchero, il riso, ma anche i concimi, i mangimi, gli oli minerali e vari prodotti terapeutici. Non è la Confederazione che gestisce gli stock, ma le imprese produttrici.
- Agevolazione delle importazioni: quando si profila una penuria, i contingenti tariffari possono essere aumentati o i dazi doganali ridotti.
- Controlli all’esportazione: l’esportazione di alcuni beni può essere regolata per ragioni di politica di sicurezza (autorizzazione di esportare). Considerazioni legate alla politica di approvvigionamento possono anche motivare dei controlli (controlli all’esportazione di equipaggiamenti medici da parte di alcuni paesi dell’UE, come ad esempio nel mese di marzo 2020).
- Gestione dell’offerta e del consumo: si tratta della promozione mirata di certi beni e del controllo della loro destinazione d’uso (ad esempio contingentamento da parte dell’AEP dell’elettricità messa a disposizione dei grandi consumatori).
- Strumenti di sorveglianza: delle piattaforme d’informazione e di coordinamento sono disponibili per monitorare l’evoluzione della situazione (ad esempio ufficio di notifica dei prodotti terapeutici).

La Svizzera, nazione importatrice, rafforza la sicurezza dell’approvvigionamento
È noto che la Svizzera fa parte dei maggiori esportatori a livello mondiale. Nel contesto della sicurezza d’approvvigionamento, è utile conoscere precisamente la struttura delle importazioni svizzere. Un accesso ottimale ai mercati esteri è indispensabile per la Svizzera, che si caratterizza con un mercato interno piccolo e la mancanza di materie prime.
Importazione di beni della Svizzera nel 2020
- Il grafico con i 20 principali partner d’importazione della Svizzera nel 2020 (cf. grafico sottostante) mostra lo stretto collegamento con l’Europa: tra i dieci principali partner d’importazione, otto sono paesi europei (punti in arancione). La prossimità geografica e un accesso ampiamente non discriminatorio al mercato interno dell’UE favoriscono queste strette relazioni.
- I due paesi non europei (punti in rosso) nei top 10 sono gli Stati Uniti e la Cina. Tra il 2000 e il 2020, le esportazioni cinesi destinate alla Svizzera hanno registrato un tasso di crescita annuo medio relativamente elevato, di circa il 10%.
- La Svizzera può inoltre appoggiarsi su una rete diversificata di partner in Asia e Medio Oriente. Così, tra tutti i paesi importatori top 20, gli Emirati arabi, il Vietnam e Singapore registrano i tassi di crescita annui più elevati.

- La stretta interconnessione della Svizzera con i suoi vicini si vede anche nelle varie categorie di prodotti: per undici categorie su dodici, la Germania è il principale partner d’importazione (ad eccezione della Cina che è il principale paese d’importazione per la categoria «tessili, abbigliamento e calzature»). Inoltre, l’Italia o la Francia sono il secondo partner d’importazione in otto categorie su dodici.
- Da notare che per i prodotti delle industrie chimiche e farmaceutiche, la parte cumulata dei primi quattro paesi d’importazione (52%) è la seconda più bassa (dopo l’orologeria e la gioielleria).

Esempio n° 1: Bucher Industries, una strategia d’approvvigionamento decentralizzata guadagna flessibilità
Bucher Industries, la cui sede si trova nel canton Zurigo, è l’esempio perfetto di un’azienda che si è affermata con successo sul mercato grazie ad una struttura d’approvvigionamento molto diversificata. Questo conglomerato specializzato nella costruzione di macchine e di veicoli è fortemente decentralizzato rispetto ai suoi concorrenti. La maggior parte degli oltre 50 siti nel mondo dispongono dei propri fornitori – essi sono più di 14’000 in totale. «Essere vicini ai fornitori è un vantaggio decisivo. Questo ci attribuisce maggiore stabilità in termini di approvvigionamento e ci permette di reagire con più flessibilità in caso di penuria», spiega Jacques Sanche, CEO di Bucher Industries.

La sicurezza dell’approvvigionamento in occasione della crisi del covid
Dal punto di vista dell’approvvigionamento, la crisi del covid può essere suddivisa in due fasi:
Fase acuta della pandemia (dalla primavera alla fine del 2020): a seguito della rapida propagazione del coronavirus, è esplosa la domanda di beni per lottare contro la pandemia. Ciò ha comportato in numerosi paesi una mancanza di prodotti quali le mascherine di protezione medicali e i disinfettanti. Sono quindi stati lanciati degli appelli da parte di numerosi paesi per una maggiore autosufficienza. Anche in Svizzera, molti hanno chiesto di riportare alcune capacità di produzione sul territorio nazionale.
Fase di ripresa (primavera 2021 a oggi): grazie ad una campagna di vaccinazione e all’aumento della produzione di beni medicali a livello mondiale, la situazione epidemiologica e nel contempo quella economica sono migliorate. Invece, le perturbazioni sulle catene di valore mondiali si sono accentuate. Di fatto, da una parte, si è assistito ad un aumento più forte del previsto della domanda dopo l’autunno 2020 e, dall’altra parte, una situazione tesa nella logistica. Ad esserne toccati sono state diverse materie prime, prodotti intermedi e beni industriali. Una rapida distensione di questa situazione delicata non è al momento in vista.
Fase acuta della pandemia: penuria temporanea di beni per lottare contro la pandemia
Con la pandemia di covid, l’economia globale è entrata in una profonda recessione nella primavera 2020. La chiusura di diversi siti di produzione e le restrizioni imposte dalle autorità hanno reso difficoltosa l’importazione di alcuni prodotti da parte della Svizzera. Nel secondo trimestre 2020, le importazioni hanno registrato un calo del 16% rispetto al trimestre precedente (corretto dalle variazioni stagionali), ossia la più forte diminuzione da decenni.
Durante questa fase acuta della pandemia, l’interesse era particolarmente concentrato sui beni per la prevenzione e il controllo della pandemia. L’ordinanza 2 COVID-19 del 13 marzo 2020 fornisce una lista di questi «prodotti medici essenziali». Essa li suddivide in tre categorie:

Sebbene la Svizzera non abbia registrato una penuria persistente, la situazione è stata in ogni caso tesa per varie settimane per quanto concerne l’approvvigionamento di alcuni di questi beni.
I. Sostanze attive e medicamenti
A partire da febbraio 2020, l’UFAE ha costatato a momenti un forte aumento delle perturbazioni segnalate sulla piattaforma dei medicamenti, per quanto concerne l’approvvigionamento. Oltre un terzo delle segnalazioni del 2020 concernevano antibiotici (33%) nonché antimicotici (14%), analgesici (12%) o miorilassanti (4%). La ragione più citata per spiegare la penuria era l’aumento della domanda a livello mondiale. I dati mostrano anche che la situazione è tornata alla normalità dopo un breve periodo (aprile 2020).
II. Dispositivi medici
Mentre l’ossigeno medico era ancora disponibile, le bottiglie in acciaio sono divenute sempre più rare. Swissmedic ha dunque temporaneamente autorizzato l’utilizzo di altri recipienti tecnicamente adattati. Per quanto concerne i respiratori, l’approvvigionamento ha sempre potuto essere garantito nonostante la forte crescita della domanda, soltanto alcuni componenti sono venuti talvolta a mancare.
III. Equipaggiamento di protezione individuale
La domanda di disinfettanti è fortemente aumentata in poco tempo, ciò che ha comportato soprattutto una penuria di etanolo. Per ovviare a queste difficoltà, l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) ha rilasciato un’autorizzazione eccezionale per l’utilizzo di etanolo prodotto localmente. A lungo termine, si prevede nuovamente di costituire delle riserve obbligatorie di etanolo (cf. capitolo «Le lezioni da trarre dalla crisi»).
Sono inoltre state registrate lacune temporanee di mascherine di protezione. Come per le sostanze attive, la Svizzera è fortemente dipendente dalle importazioni (circa l’80% delle mascherine importate provengono dalla Cina). Siccome la domanda mondiale ha subito un’impennata nel marzo 2020, la Svizzera ha dovuto procurarsi delle mascherine su un mercato teso. A ciò va aggiunto che diversi paesi hanno temporaneamente bloccato le esportazioni di equipaggiamenti di protezione medica a destinazione della Svizzera, ivi compresi taluni paesi membri dell’UE.
La catena di valore delle mascherine di protezione
Le mascherine di protezione sono articoli usa e getta poco costosi. Si dimentica facilmente che la loro produzione implica diverse materie prime e tappe di produzione talvolta relativamente esigenti (cf. grafico seguente). È il caso in particolare della fabbricazione del vello filtrante secondo il procedimento detto “meltblown». Questo procedimento è stato identificato dall’OCSE come il principale collo di bottiglia nella produzione delle mascherine di protezione. Di fatto, a seguito degli investimenti iniziali elevati necessari negli impianti di produzione, il processo può essere realizzato solo da un numero limitato di aziende. Ciò spiega anche perché, durante la fase acuta della pandemia, numerosi paesi hanno faticato ad aumentare rapidamente l’offerta di mascherine di protezione.

Esempio n°2: Produzione di mascherine in Svizzera
All’inizio della pandemia, i prezzi delle mascherine di protezione sono esplosi – talvolta il loro prezzo ha raggiunto dieci franchi al pezzo in Svizzera. Questo ha incitato diverse aziende svizzere ad importare macchinari dalla Cina per produrre esse stesse le mascherine.
Oggi, dopo più di un anno e mezzo, numerosi produttori svizzeri di mascherine sono sfiduciati. Le prime difficoltà sono apparse subito al momento dell’acquisto e della messa in servizio delle macchine. Inoltre, i fabbricanti stranieri hanno in seguito avuto la possibilità di sviluppare le loro capacità di produzione e i prezzi sono diminuiti. Alcune aziende hanno dunque dovuto ridurre nuovamente la loro produzione a seguito di una domanda insufficiente, altri hanno perfino dovuto chiuderla completamente.
Nel maggio 2020, Cilander AG ha iniziato a produrre mascherine in tessuto. Nonostante le sfide da affrontare, non si tratta di utilizzare le garanzie d’acquisto da parte dello Stato: «Noi non riteniamo che le leggi del mercato possano essere annullate da direttive dello Stato», afferma il CEO Burghard Schneider. «La Svizzera deve piuttosto concentrarsi sui settori nei quali la precisione certificata e la qualità superiore sono decisivi.»
Miti e fatti
Mito I: La crisi del covid ha posto in luce le lacune d’approvvigionamento generalizzate in Svizzera.
I fatti: In Svizzera, nonostante i «periodi di lockdown», i ritardi di forniture e le restrizioni all’esportazione di vari Stati, non si sono registrati problemi di approvvigionamento generalizzati e persistenti. Il Consiglio federale lo conferma nel suo rapporto sulla politica economica estera 2020. Grazie alla diversificazione delle catene di valore, all’adeguamento delle prescrizioni legali (ad esempio riserve obbligatorie), nonché a una stretta collaborazione tra l’economia e le autorità, si è potuto evitare il peggio.
È stato possibile reagire rapidamente ai problemi di approvvigionamento temporanei per quanto concerne il materiale di protezione medico e le sostanze attive. Tuttavia, la resilienza delle catene di valore dovrebbe essere migliorata adottando misure in maniera preventiva (cf. capitolo «Le lezioni da trarre dalla crisi»).
Mito II: Le restrizioni commerciali sono il mezzo più efficace per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento in Svizzera.
I fatti: Nella fase di pandemia acuta, numerosi governi hanno deciso di limitare le esportazioni di medicamenti e di materiale di protezione allo scopo di coprire la domanda interna. Tuttavia, queste misure non costituiscono in nessun caso un mezzo efficace di rafforzare la sicurezza d’approvvigionamento:
- Le contromisure di altri partner commerciali comportano una spirale negativa in materia di politica commerciale. Le materie prime in questione potrebbero essere precisamente quelle di cui si ha bisogno per la propria produzione (ad esempio componenti di medicamenti). Le catene di valore globali sono così paralizzate.
- Le restrizioni all’esportazione riducono l’offerta sul mercato mondiale, ciò che ha un impatto sui prezzi. Così, l’ondata di restrizioni all’esportazione nel 2020 ha fatto aumentare i costi del materiale medico del 23% in media e quelli delle mascherine di protezione del 40%.
- I divieti d’esportazione non invitano ad aumentare le capacità di produzione. A seguito di effetti di scala, può capitare che un’impresa venga dissuasa dal vendere sul mercato nazionale se le fosse impedito di esportare.
Il commercio mondiale resta dunque la base di un sistema di approvvigionamento stabile. Numerose aziende internazionali basate sulle esportazioni dispongono in Svizzera di una capacità di produzione considerevole – ad esempio per le derrate alimentari, i prodotti farmaceutici e chimici e altri prodotti industriali. Lo dobbiamo a condizioni quadro favorevoli all’esportazione mondiale, ciò che ha un effetto positivo sulla sicurezza dell’approvvigionamento.
Fase di ripresa: sfide mondiali nel trasporto e nella logistica
Dalla primavera 2021, i problemi logistici nelle catene di approvvigionamento globali si sono moltiplicati e aggravati. Il trasporto marittimo è paralizzato. Numerosi consumatori e imprese di tutto il mondo attendono invano la fornitura delle merci ordinate da tempo. Gli esperti del settore parlano di una «tempesta perfetta».
Da dove giungono le perturbazioni nelle catene di valore?
- Nel 2020, un blocco della produzione in Asia e una diminuzione della domanda mondiale hanno comportato il ritiro dal mercato, a breve termine, di circa 550 navi container.
- Nel 2021, la domanda mondiale è aumentata massicciamente. Parallelamente, quest’ultima si è spostata dai servizi verso il consumo privato («e-commerce»). Risultato: per la prima volta da decenni, la domanda di beni supera le capacità di trasporto.
- Su alcune linee, i costi di trasporto sono aumentati di oltre il 500% rispetto all’anno precedente. In numerosi casi, questo aumento dei prezzi si è ripercosso sui consumatori.
- Mancano attualmente numerosi container sulla principale via commerciale tra l’Asia e l’Europa. Ciò è dovuto, tra l’altro, al fatto che il materiale medico è stato trasportato nell’emisfero sud all’inizio della pandemia.
- Con le chiusure dei porti, numerose navi container sono bloccate davanti ai porti. Nel 2020, il 65% delle navi container era ancora in orario, mentre nel 2021 questo valore è sceso al 35%.
- Gli ingorghi nei e attorno ai porti spostano i problemi verso l’interno del paese – mancano autisti di camion.
- La pandemia ha comportato ripetute chiusure di fabbriche e corrispondenti perdite di produzione.
Aziende svizzere in preda all’incertezza
Numerose aziende svizzere registrano attualmente difficoltà di approvvigionamento. Non bisogna però attendersi una rapida normalizzazione della situazione. È quanto dimostra un sondaggio condotto da economiesuisse presso 237 imprese e associazioni nell’ottobre 2021:
- Un problema di vendita nel 2020 si è trasformato in un problema di produzione: quattro imprese interrogate su cinque segnalano difficoltà di approvvigionamento. Questa proporzione è significativamente più alta rispetto alla fase acuta della pandemia nel 2020 (cf. grafico seguente).
- La mancanza di materiali concerne quasi tutto il settore industriale (compreso quello della costruzione), ma anche il commercio. Tanto le materie prime (acciaio o legno) quanto i prodotti intermedi (chip elettronici) e i prodotti finiti (lavatrici o automobili) si fanno rari.
- Le difficoltà di approvvigionamento in chip elettronici e in semiconduttori pongono problemi a numerosi settori. Il settore della tecnica medica manca così attualmente di ogni certezza di pianificazione per l’approvvigionamento e la produzione.
- I problemi di trasporto e di logistica sono le ragioni più spesso citate per spiegare le difficoltà di fornitura (72%). Ma vengono menzionate anche capacità di produzione limitate (68%) nonché perdite di produzione presso i fornitori (64%).
- In reazione, circa i due terzi delle aziende hanno aumentato i loro stock e quasi la metà di loro cercano altri fornitori.
- Inoltre, quasi la metà delle aziende è già stata costretta ad aumentare i prezzi. I tre quinti di queste prevedono di farlo nei prossimi sei mesi.

Miti e fatti
Mito III: La globalizzazione è un inconveniente per la sicurezza di approvvigionamento della Svizzera.
I fatti: Nulla indica che i paesi meno globalizzati abbiano gestito meglio la crisi del covid rispetto alle economie più interconnesse a livello internazionale. Al contrario, uno studio dell’OCSE del febbraio 2021 ha mostrato che l’integrazione nelle catene di valore mondiali ha svolto un ruolo importante nell’assorbimento degli choc economici nel contesto della pandemia. I paesi meno globalizzati sono certamente meno esposti a simili choc, ma possono attenuarli nettamente meno bene attraverso il commercio internazionale.
Questo vale anche per la Svizzera: solo la rete transfrontaliera di sviluppo, ricerca e produzione è stata in grado di garantire un livello senza precedenti di disponibilità, diversità e grado di innovazione di beni e servizi critici a prezzi bassi. La scissione delle catene globali del valore avrebbe sostanzialmente l'effetto opposto.
Mito IV: La Svizzera deve sviluppare le capacità di produzione sul suo territorio per poter reagire meglio in caso di difficoltà di approvvigionamento nelle catene di valore.
I fatti: La divisione del lavoro si basa sull’idea che un paese debba specializzarsi nella produzione di quei beni per i quali è meglio attrezzato di altri. La produzione completa di beni critici in Svizzera non sarebbe dunque opportuna dal punto di vista macro e microeconomico senza un intervento massiccio dello Stato.
Inoltre, anche un produttore europeo o svizzero dipende dai prodotti intermedi provenienti dall’estero (ad esempio prodotti chimici di base, fili, materie plastiche). È quindi piuttosto la ripartizione geografica che permette all’economia di affrontare le crisi in alcune regioni approvvigionandosi su altri mercati. In altre parole, focalizzarsi sulla sola produzione finale non risolve una penuria, ma sposta semplicemente il problema lungo la catena di produzione.
L’esempio dei medicamenti generici mostra a quale punto una «ri-nazionalizzazione» della produzione sia illusoria sul piano economico:
- L'importanza della divisione internazionale del lavoro rende impossibile la produzione autosufficiente per il piccolo mercato svizzero. I generici non sono costituiti solo da principi attivi, ma richiedono anche additivi e riempitivi. La produzione di tali sostanze in Svizzera semplicemente non conviene.
- Anche con un buon rapporto costi/benefici, il prezzo attuale dei generici sul mercato non potrebbe essere mantenuto a seguito dei costi di produzione elevati in Svizzera. A causa delle continue riduzioni di prezzo, è possibile lavorare in maniera redditizia unicamente con grandi quantitativi e bassi margini.
- Le capacità di produzione esistenti sono già ampiamente utilizzate. Bisognerebbe investire in nuovi impianti di produzione, ma ciò non si giustifica considerate le prospettive economiche piuttosto incerte. Se si decidesse di agire, le capacità di produzione dovrebbero essere esaminate a livello del continente e coordinate con quelle di diversi altri paesi.
Sviluppo di un vaccino contro il covid
Sviluppare e produrre dei vaccini è molto complesso e richiede molto tempo. È rimarchevole che si siano potuti sviluppare diversi vaccini contro il coronavirus e che siano stati autorizzati in pochissimo tempo. Ciò che l’industria farmaceutica impiega diversi anni per realizzare, questa volta è stato fatto in un solo anno. Le autorità di controllo dei medicamenti hanno accelerato le procedure di autorizzazione, ma sono stati determinanti anche altri fattori: la cooperazione internazionale nel campo della ricerca, dello sviluppo, dei test e della produzione.
Il luogo di fabbricazione finale di una sostanza attiva ha tuttavia solo un’importanza secondaria per la sicurezza d’approvvigionamento. Mirare all’autosufficienza nazionale per la produzione di vaccini è un’illusione. In relazione alla distribuzione dei vaccini, introdurre restrizioni all’esportazione per ragioni politiche ha un effetto destabilizzante nella lotta contro una pandemia. Non è raro che ciò comporti reazioni suscettibili di perturbare gravemente il funzionamento delle catene di valore.

Le lezioni da trarre dalla crisi: proposte di economiesuisse
Migliorare la resistenza sistemica della Svizzera in situazione di crisi
Gli esempi lo dimostrano: disconnettere l’economia svizzera dal commercio mondiale non è il giusto mezzo per rafforzare durevolmente la sicurezza dell’approvvigionamento. Altrettanto miope sarebbe un'espansione sostenuta dallo Stato della produzione interna di alcuni beni.
Parallelamente, occorre non focalizzarsi esclusivamente sulla sicurezza dell’approvvigionamento in occasione dell’analisi della pandemia di covid. Di fatto, la prossima crisi di portata mondiale non sarà necessariamente di natura epidemiologica. L’approvvigionamento energetico, i cyberattacchi, i conflitti militari o le catastrofi naturali racchiudono un grande potenziale di rischio. In tal senso, la situazione attuale dovrebbe essere utilizzata per rafforzare la resilienza sistemica della Svizzera e della comunità internazionale a lungo termine. Per questo motivo, secondo gli ambienti economici sono necessarie varie misure, a livello unilaterale, bilaterale e multilaterale.

Misure unilaterali
- Nessuna misura protezionistica in nome della sicurezza dell’approvvigionamento: le restrizioni commerciali devono essere utilizzate unicamente per una durata strettamente limitata, in maniera proporzionata e quale ultima ratio. Occorre evitare nuove restrizioni commerciali o sovvenzioni statali atte a promuovere la produzione svizzera.
- Garantire la sicurezza dell’approvvigionamento con riserve obbligatorie sufficienti: le riserve obbligatorie devono essere esaminate e sviluppate quando ciò è opportuno (ad esempio costituire nuove riserve obbligatorie di etanolo). Anche i grandi consumatori finali di beni critici (ad esempio gli ospedali) dovrebbero rivedere la loro strategia di stoccaggio.
- Produrre «just in case» invece di «just in time»: in occasione della scelta dei suoi fornitori, un’azienda cerca innanzitutto di minimizzare i costi. La pandemia ha tuttavia evidenziato i rischi di questa strategia. Per una maggiore resilienza, occorre dunque prestare attenzione, nelle decisioni strategiche, ad una pianificazione preliminare degli stock e alla diversificazione dei fornitori.
- Migliorare l’utilizzo degli accordi di libero scambio: in mancanza di risorse, soprattutto le PMI non utilizzano sempre a sufficienza gli accordi di libero scambio. Esse hanno bisogno di sostegno sotto forma di offerte d’informazione e piattaforme appropriate.
- Far progredire il commercio digitale: le aziende devono investire maggiormente nella gestione digitale della catena di valore e nella trasparenza di quest’ultima. Parallelamente, lo Stato deve sostenere le strategie di gestione dei rischi del settore privato creando un contesto normativo adeguato (ad esempio digitalizzazione delle procedure doganali).
- Applicare rigorosamente i principi dell’economia circolare: prolungando la durata di vita e di utilizzo dei beni, la Svizzera può attenuare al meglio i rischi delle catene di valore globali a lungo termine. Essa dispone inoltre di un grande potenziale nel settore della valorizzazione dei rifiuti – in particolare in virtù delle iniziative private.
Misure bilaterali
- Garantire l’approvvigionamento in tempo di crisi mediante accordi tra Stati: sono state costatate difficoltà d’approvvigionamento per beni importanti, in particolare a seguito delle restrizioni della circolazione delle merci imposte da taluni Stati. Gli accordi bilaterali permettono di minimizzarne l’impatto sulla Svizzera (ad esempio assicurazione che le restrizioni all’esportazione in caso di crisi siano eliminate).
- Armonizzare le regolamentazioni di conformità: non è la frammentazione, bensì l’armonizzazione transfrontaliera degli standard relativi ai prodotti che rafforza la sicurezza d’approvvigionamento in tempo di crisi. È ciò che fanno ad esempio gli accordi di reciproco riconoscimento delle valutazioni di conformità (ARM).
Misure multilaterali e plurilaterali
- Sviluppare l’accesso ai mercati: sarebbe opportuno migliorare gli accordi esistenti con i paesi da cui ci si attendono i guadagni commerciali più elevati. Nonostante la densità della rete di accordi di libero scambio, esiste un grande potenziale per la Svizzera a tale proposito (ad esempio con gli Stati Uniti, il Mercosur e l’India).
- Rafforzare l’OMC e sviluppare regole commerciali multilaterali: per la Svizzera, piccola economia, le liberalizzazioni commerciali ottenute attraverso l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) sono chiaramente la «first-best solution». È nel suo interesse sostenere l’accordo dell’OMC sull’agevolazione degli scambi allo scopo di accelerare ad esempio il commercio dei beni essenziali.
- Intensificare la cooperazione nell’ambito della ricerca-sviluppo: la Svizzera deve mantenere la propria posizione di leader ed intensificare i suoi scambi con i centri di ricerca più riconosciuti al mondo. L’innovazione contribuisce di fatto alla resilienza di fronte alle future crisi, come dimostra l’esempio della tecnologia ARNm: quest’ultima è oggetto di ricerche da anni per trattare il cancro. La sua integrazione nei vaccini permette di immaginare uno slancio innovativo nel trattamento del cancro.
- Accelerare i processi di certificazione e di autorizzazione di immissione sul mercato: dei processi i più efficaci possibili in occasione della validazione della conformità aumentano la disponibilità internazionale di beni critici (ad esempio studi clinici condotti in parallelo durante l’autorizzazione di immissione sul mercato di vaccini).
- Prevedere il cumulo regionale nel commercio di beni: la creazione di una «regione di cumulo» tra diversi partner commerciali aventi interessi comuni permetterebbe alla Svizzera di tenere conto dei prodotti intermedi di questa regione in occasione della produzione di un prodotto. Questo faciliterebbe gli scambi e rafforzerebbe la competitività.
- Coordinare le capacità di produzione a livello internazionale: si tratta di promuovere un maggior coordinamento della produzione in tempo di crisi a livello planetario (ad esempio per le sostanze attive medicali).
- Aumentare la trasparenza per quanto concerne l’offerta e la domanda di beni critici: occorre uno scambio di informazioni completo e in tempo reale tra l’economia e la politica, a livello nazionale e internazionale. Questo perché l’incertezza invita al protezionismo. La creazione di un canale di comunicazione tra i produttori di vaccini e altri gruppi d’interesse permetterebbe di sensibilizzare i vari attori sulle difficoltà d’approvvigionamento.
Iscriviti alla newsletter
Iscriviti qui alla nostra newsletter. Registrandoti, riceverai dalla prossima settimana tutte le informazioni attuali sulla politica economica e le attività della nostra associazione.