Non tutto ciò che luccica è oro

Le iniziative popolari su questioni di politica monetaria sono in voga. La prossima settimana, la Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio nazionale esaminerà l’«iniziativa sull’oro», che chiede che la Banca nazionale svizzera (BNS) detenga almeno il 20% dei suoi attivi in oro. E, come se ciò non bastasse, la BNS non potrebbe vendere nemmeno un grammo del prezioso metallo. In questo modo, il margine di manovra monetaria della BNS verrebbe considerevolmente limitato. Non sorprende dunque che il Consiglio degli Stati abbia respinto questo oggetto.

​L’oro è stato per molto tempo un’ancora per la stabilità dei prezzi. Questa visione nostalgica del ruolo dell’oro nella politica monetaria è probabilmente la motivazione principale dei promotori dell’iniziativa, denominata “Salvate l’oro della Svizzera”. In realtà, l’iniziativa produce l’effetto contrario a quello mirato.

Facciamo un esempio. Dopo lo scoppio della crisi finanziaria, la BNS avrebbe dovuto, in virtù di questa iniziativa, acquistare dell’oro per quasi 50 miliardi di franchi. Questo perché avrebbe dovuto aumentare massicciamente il suo bilancio per garantire il tasso di cambio fisso rispetto all’euro. L’operazione ha generato delle liquidità a corto termine che devono essere ridotte attraverso la vendita di attivi. Ora, questo sarebbe proibito. La BNS non potrebbe più disfarsi delle riserve d’oro eccedentarie – e perderebbe un aspetto decisivo della propria politica monetaria. Questa prospettiva non è per nulla rallegrante, quando si sa quale è stato il ruolo primordiale della BNS per superare la crisi finanziaria.