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Lezioni tratte dalla pandemia di covid

A colpo d'occhio

Nella primavera 2020, la pandemia di covid ha brutalmente colpito la Svizzera. Il nostro paese ha indubbiamente attraversato la crisi meglio di altri, ma occorre ora colmare rapidamente le lacune apparse nel corso di questi due anni e mezzo. Il presente dossier fa il punto della situazione e propone miglioramenti concreti.

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L’essenziale in breve

Nel confronto internazionale, la Svizzera ha finora gestito bene la pandemia di covid. La politica sanitaria del Governo svizzero è stata ampiamente sostenuta, come hanno mostrato in particolare i risultati in occasione delle due votazioni sulla legge COVID-19. Grazie al federalismo, alla definizione di misure in consultazione con vaste cerchie e all’imposizione rara di ordini dall’alto, la presa di decisioni ha spesso tenuto conto dei vari interessi in gioco. Ciononostante, la pandemia di covid ha evidenziato alcuni punti deboli nella gestione della crisi in Svizzera. In assenza di un’organizzazione di crisi idonea a livello federale, la gestione della crisi ha assunto un carattere retrospettivo. Talvolta notevolmente accelerate, le procedure dell’amministrazione federale si sono spesso svolte sullo stesso modello dei tempi normali. In generale, la maggior parte degli attori erano mal preparati. Di fronte alla pandemia, la pianificazione degli scenari è intervenuta solo nella primavera 2022. Prima le autorità prendevano decisioni a breve termine una dopo l’altra. La scarsa digitalizzazione nel settore sanitario e un’insufficiente gestione dei dati hanno reso la crisi più difficile da gestire. Spesso, le autorità avevano solo una visione incompleta della situazione e dovevano talvolta avanzare alla cieca.

Oggi bisogna correggere questi errori. La priorità dev’essere di migliorare la gestione delle crisi. Occorre uno Stato maggiore di crisi professionale e permanente a livello federale, direttamente subordinato al Consiglio federale in caso di crisi. In una situazione di emergenza nazionale, esso deve poter agire in maniera rapida e professionale. Spetterà a questo organo fronteggiare non solo le pandemie, ma tutte le situazioni di crisi.

A breve termine, occorre prendere le disposizioni che s’impongono in vista del futuro inverno, alfine di essere preparati agli scenari epidemiologici più disparati. In questo contesto, occorre preservare e sviluppare le competenze già acquisite per superare la pandemia e, soprattutto, migliorare rapidamente la raccolta e l’analisi dei dati. Al contempo, le lezioni tratte dalla pandemia devono tradursi nella revisione – già lanciata – della legge sulle epidemie.

Posizione di economiesuisse

  • La Confederazione ha bisogno di uno Stato maggiore di crisi professionale e permanente, direttamente subordinato al Consiglio federale in caso di crisi. Dev’essere possibile ricorrere a quest’ultimo per le situazioni di emergenza di ogni genere.
  • L’azione dev’essere più lungimirante. Bisognerà in futuro sviluppare preventivamente degli scenari, allo scopo di ricavarne i possibili mezzi d’azione ed elaborare delle misure.
  • La gestione dei dati, uno dei grandi punti deboli, dev’essere sensibilmente migliorata. Occorre assolutamente che i dati essenziali siano disponibili in tempo reale e analizzati rapidamente. Per questo, la digitalizzazione nel settore sanitario dev’essere accelerata.
  • La Confederazione e i Cantoni devono prepararsi all’autunno e al prossimo inverno. Essi dovrebbero chiaramente definire le loro competenze e accordarsi su un piano comune.
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1 Un paese in modalità crisi

Il 25 febbraio 2020 la Svizzera scopre un primo caso confermato di covid-19. Un comunicato stampa dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) nota allora che «il nuovo coronavirus rappresenta attualmente solo un rischio moderato per la popolazione svizzera». Nessuno in Svizzera immagina ciò che succederà nelle settimane e mesi successivi. In un primo tempo, la situazione è paragonata all’influenza suina del 2009, rimasta nei ricordi come pandemia benigna dalle conseguenze sociali moderate. Ma il seguito è tutt’altro: il 16 marzo 2020, il Consiglio federale impone un vasto lockdown.

In seguito bisogna dire che, nel confronto internazionale, il nostro paese ha attraversato abbastanza bene la crisi. Sia per quanto concerne il livello di misure, sia il numero di decessi, l’onere sul sistema sanitario o la perdita economica, la Svizzera si trova in posizione solida, anzi molto buona tra i paesi occidentali. L’economia, in particolare, ha resistito meglio alla crisi sanitaria rispetto a nazioni comparabili. Misurando il danno economico al potenziale di crescita non sfruttato e all’impulso fiscale dello Stato, si ottiene un deficit di circa 70 miliardi di franchi. Da sola, la perdita di crescita durante i due anni di crisi corrisponde a circa il 6% del prodotto interno lordo del 2019. In percentuale, questa diminuzione è stata nettamente più forte in quasi tutti i paesi di riferimento – raggiungendo anche più del doppio (cf. grafico). Soltanto la Danimarca è qui comparabile alla Svizzera.

Rallentamento della crescita economica a causa della pandemia di covid

L’evoluzione economica piuttosto favorevole in Svizzera è probabilmente dovuta a tre fattori principali. In primo luogo, le restrizioni legate alla pandemia sono state molto più moderate che all’estero. Alcuni studi hanno stabilito un legame tra la severità delle misure e lo sviluppo ¹. Secondo, sono state messe a disposizione ampie misure di sostegno. Le indennità per il lavoro a tempo ridotto hanno così sostenuto il consumo, mentre gli aiuti finanziari hanno evitato conseguenze dannose. Terzo, il mix di settori presenti nell’economia svizzera e la loro esperienza delle crisi hanno pure avuto un effetto positivo. Il turismo, ad esempio, specialmente toccato dalla pandemia, non rappresenta che una piccola parte della prestazione economica svizzera. Dall’altra parte, il settore farmaceutico, proporzionalmente importante, è stato meno colpito.

Il fardello sociale e le perdite economiche hanno raggiunto livelli storici e la Svizzera non ha superato tutti i punti del test di resistenza covid. Sono stati commessi degli errori ed evidenziati una mancanza di preparazione e costatate alcune insufficienze. Pertanto, occorre analizzare più nel dettaglio l’efficacia e l’efficienza delle misure prese e determinare ciò che può essere migliorato nell’eventualità di una prossima epidemia o di una crisi analoga.

I mezzi utilizzati devono essere valutati rispetto agli obiettivi definiti preliminarmente. Nel caso della pandemia di covid-19, l’obiettivo primario della politica svizzera è stato ed è ancora quello di evitare di sovraccaricare il sistema sanitario. A tale proposito sembra vi sia un consenso sociale implicito. Ciò non deve far dimenticare un secondo obiettivo importante: i costi economici e sociali delle misure di attenuazione devono restare al livello più basso possibile. Tuttavia, questo non si applica necessariamente ad ogni epidemia. Può così accadere che l’obiettivo primario non sia quello di evitare di sovraccaricare il sistema sanitario, bensì di prevenire qualsiasi contagio al virus, ad esempio se il rischio di esito fatale è considerevolmente più elevato. Oppure, se un virus è ampiamente inoffensivo ma nettamente più contagioso, di garantire il miglior funzionamento dell’infrastruttura e dell’economia cercando di ripartire le ondate di contagio, in modo da evitare il cumulo di un numero troppo grande di interruzioni del lavoro a seguito di malattia.

Gli ultimi due anni e mezzo hanno mostrato i punti forti, ma anche i punti deboli della gestione della crisi «alla svizzera». Se il paese funziona bene in modalità amministrativa, ma meno bene in modalità di crisi. Ha quindi cercato principalmente di risolvere la crisi delle strutture esistenti lavorando molto più velocemente all’interno di queste. Ora, si tratta di trarre un bilancio. Il presente dossierpolitica riassume le principali lezioni tratte dalla lotta contro questa pandemia e ne ricava delle raccomandazioni per il futuro. Il nostro riassunto non costituisce una lista esaustiva, ma riflette i punti essenziali dal punto di vista dell’economia, senza entrare nei dettagli. Le spiegazioni fornite si concentrano sul lavoro delle autorità. Non affronteremo né la proporzionalità né l’efficacia delle restrizioni imposte. Numerosi studi scientifici in corso coprono già questi aspetti.

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2 Insegnamenti tratti dalla pandemia di covid

La pandemia di covid è stata e resta un periodo istruttivo per tutte le persone coinvolte. Nessuno in Svizzera ha ancora vissuto una simile crisi sanitaria. Si sono dovuti risolvere problemi inattesi e, per la maggior parte del tempo, prendere decisioni a breve termine, una situazione nella quale è comprensibile che non tutto funzioni ben. Tuttavia, occorre ora effettuare un’analisi retrospettiva per stabilire come la Svizzera possa migliorare la sua gestione delle crisi. In questo capitolo, mettiamo in luce alcune conclusioni primordiali dal punto di vista dell’economia.

2.1 Gestione retrospettiva a causa di un’organizzazione di crisi lacunosa

Il fulcro della gestione attiva della crisi è di essere preparati a vari sviluppi e di poter reagire in modo rapido e mirato all’imprevisto. La gestione di una crisi richiede competenze diverse dai collaboratori rispetto al normale lavoro nella pubblica amministrazione. All’inizio della pandemia di covid, la Confederazione non possedeva sfortunatamente sufficienti conoscenze né esperienza in materia di lotta efficace contro una pandemia. Non c’era una gestione globale della crisi, ma solo una gestione coordinata della crisi.

La Confederazione è dotata di uno Stato maggiore federale Protezione della popolazione (SMFP) e l’articolo 7 della legge federale sulla protezione della popolazione e sulla protezione civile stipula che «in caso di catastrofe o di situazione d’emergenza che dipendono dalla sua [Confederazione] competenza e in caso di conflitto armato», è «l’organo di coordinamento della Confederazione per la protezione della popolazione». Tuttavia, esso non è mai stato utilizzato correttamente. Invece di avvalersi di questo organo, il 20 marzo 2020 è stato creato uno Stato maggiore del Consiglio federale incaricato di gestire la crisi del coronavirus (SMCC) – ossia più di un mese dopo il primo caso confermato di covid in Svizzera e quattro giorni dopo l’inizio del lockdown – e l SMFP gli è stato ². Questo Stato maggiore ad hoc ha dapprima dovuto creare un segretariato, mentre già doveva prendere decisioni importanti ad un ritmo sostenuto. Il rapporto finale del Dipartimento dell’interno (DFI) afferma che il team di crisi del coronavirus era soprattutto «una piattaforma di coordinamento, di impulso e di forza per i Dipartimenti». Abilitato a fornire istruzioni, non ha mai dovuto fare uso della sua autorità per impartire direttive ed è descritto dai membri piuttosto come «un organo consultivo che decisionale». Inoltre, non era sempre chiaro «come seguire le discussioni nel dettaglio». Sebbene i processi dell'amministrazione federale si svolgessero molto più velocemente, erano in gran parte definiti come in tempi normali. Solo un nuovo organismo di coordinamento è stato imposto alle organizzazioni dipartimentali normali e di crisi. I Dipartimenti hanno potuto continuare a prendere decisioni in modo indipendente. Non c'era alcuna autorità nell'amministrazione o nella gestione della crisi che richiedesse l'attuazione delle decisioni dei team di crisi.

Ubicando l’unità di crisi presso l’UFSP o il DFI, ci si è concentrati sulla prospettiva dell’assistenza sanitaria. Si trattava esattamente di una crisi sanitaria, ma tuttavia sarebbe importante considerare gli altri aspetti alla pari. La valutazione degli interessi non è sempre stata così esaustiva e gli aspetti economici non sono stati sempre sufficientemente presi in considerazione. All’inizio della pandemia, ad esempio, il valore dei concetti di protezione nelle aziende è stato troppo poco riconosciuto. Nel contempo, le restrizioni di viaggio, la quarantena, ecc. non sono stati molto ben coordinati con l’estero.

L’organo di coordinamento della legge sulle epidemie (OrC Lep), creato per istituzionalizzare la collaborazione tra la Confederazione e i Cantoni e sostenerli nelle loro responsabilità di coordinamento, non è stato attivato. Il passaggio alla situazione straordinaria nell’aprile 2020 ha così creato delle incertezze circa le responsabilità tra la Confederazione e i Cantoni, sia d’estate come nell’autunno 2020. I Cantoni hanno faticato ad agire e a prendere decisioni in maniera coordinata.

Le autorità hanno spesso tardato a tener conto – o lo hanno fatto in maniera non concertata – delle nuove scoperte scientifiche e dei meccanismi di buona pratica quanto alle misure appropriate. L’UFSP ha tentato di rimediare alla mancanza di dati scientifici, fondando la Swiss National COVID-19 Science Task Force, ciò che ha tuttavia anche rafforzato la confusione nella comunicazione. Inoltre, ha omesso di integrare correttamente i ricercatori nella gestione della crisi a livello istituzionale. Di fatto, esiste una Commissione federale per la preparazione e la risposta alle pandemie (CFP), incaricata di consigliare l’amministrazione federale sul piano scientifico in materia di preparazione e di gestione in caso di pandemia. Tuttavia, non sembra aver svolto la sua funzione durante la pandemia e non ha svolto alcun ruolo nella lotta immediata contro la pandemia. Una delle ragioni potrebbe essere l'eccessiva carenza di personale in una situazione di crisi.

2.2 Mancanza di preparazione e di pianificazione preventiva per scenari

È sempre delicato stabilire previsioni precise e tanto più nelle situazioni eccezionali di crisi, dove questo esercizio diventa altamente complesso. Allo scopo di poter reagire rapidamente, le grandi incertezze devono essere espresse in vari scenari che riflettono un ampio ventaglio di possibili sviluppi ponderati in funzione della loro probabilità. A partire da questi scenari, è in seguito possibile stabilire delle pianificazioni previsionali, stabilendo in particolare chi detiene quali competenze decisionali.

Sfortunatamente, questo principio fondamentale della pianificazione per scenari non è stato abbastanza seguito durante la crisi sanitaria, né a livello della Confederazione né dei Cantoni. Vegliare alla copertura sanitaria conformemente alla legislazione in vigore, ciò che include la prevenzione in caso di epidemia, è un compito che dipende dalla loro sovranità. I Cantoni dovrebbero regolarmente verificare e adattare i loro preparativi. Essi dovrebbero inoltre assicurarsi che le aziende del settore sanitario procedano ad analisi dei rischi e adottino le misure preparatorie adeguate. Tra le conseguenze della mancanza di pianificazione, le misure preparatorie (ad es. stoccaggio di beni critici negli ospedali) sono state trascurate in modo imperdonabile, causando in particolare una penuria di mascherine e disinfettanti all’inizio della pandemia, e la pianificazione delle capacità alle unità di terapie intensive (UTI), appropriata in periodi di servizio normale, si è rivelata inadeguata in situazione di crisi. Infine, nell’impossibilità di ricorrere a riserve di capacità per i letti e a manodopera qualificata, l’occupazione dei letti di terapie intensive in tutta la Svizzera è talvolta stata coordinata mediante mezzi rudimentali e le capacità hanno dovuto considerate caso per caso. A causa di ciò, si sono dovuti rinviare troppi interventi ritenuti non urgenti, per poter sopperire ai picchi di carico.

Molto tardivamente, la Confederazione ha pubblicato per la prima volta degli scenari sull’evoluzione della pandemia – nel caso specifico il 30 marzo 2022, nell’ambito della consultazione sul documento di base concernente l’evoluzione a medio e lungo termine dell’epidemia di covid-19 e la transizione verso la «situazione normale». Prima di questo, le competenti autorità avevano respinto richieste di pubblicazione di scenari con la motivazione di essere irrealisti a causa del fatto che l’evoluzione della pandemia non era prevedibile e che non era dunque possibile definire in anticipo misure appropriate. Oltre a far spesso perdere tempo prezioso, ciò ha inoltre obbligato il Consiglio federale a chinarsi su questioni fondamentali ogni quindici giorni. La pandemia ha coinvolto tutti gli attori federali e cantonali, che potevano solo reagire di fronte agli ultimi sviluppi invece di essere preparati grazie ad una pianificazione per scenari ben dettagliata. Con una buona pianificazione, avrebbero potuto scegliere le misure appropriate tra le opzioni preparate con maggiore calma. Esempi di ciò sono il lento avvio delle vaccinazioni di richiamo o la questione dei test. Avrebbero dovuto optare per una strategia di test più completa molto prima rispetto a marzo 2021.

2.3 Gestione dei dati: evitare una politica miope di fronte alle pandemie

La Svizzera navigava alla cieca durante i primi due anni della pandemia. La gestione dei dati era scadente. Ad esempio, non sono mai stati forniti dati in tempo reale sull'utilizzo delle UTI nei singoli ospedali, sebbene in passato esistessero tali sistemi. Ad esempio per Euro 2008 è stato utilizzato un sistema di pianificazione dell'occupazione ospedaliera, che è stato poi costantemente aggiornato. All'epoca la Confederazione e i Cantoni hanno potuto accedere a queste informazioni tramite un rapporto sulla situazione della centrale d'allarme nazionale. Durante la pandemia, tuttavia, le informazioni non erano sufficientemente disponibili. Il personale delle UTI nei vari ospedali ha così per il momento dovuto utilizzare WhatsApp per conoscere e ripartire l’occupazione e gli eventuali trasferimenti. Nell’inverno 2021/22, sono occorsi – secondo la COVID-19 Science Task Force – quindici giorni affinché la Confederazione potesse essere a conoscenza del 90% delle nuove ospedalizzazioni. In altre parole, la Confederazione sapeva solo con due settimane di ritardo quale fosse la situazione negli ospedali e, inoltre, i dati erano sempre molto incompleti. Agire in maniera rapida, mirata ed efficace su una così insufficiente base diventa impossibile. Questo ha in particolare causato un utilizzo inefficace delle capacità: alcuni ospedali erano sovraccarichi, mentre altri avevano capacità sufficienti. Nonostante l’obbligo di dichiarare imposto dalla legge sulle epidemie, un’analisi dell’Ufficio federale di statistica ritiene che in totale, soltanto il 64% dei pazienti ospedalizzati sia stato dichiarato all’UFSP nel 2020, primo anno della pandemia.

Le conseguenze della digitalizzazione insufficiente nel settore sanitario si sono mostrate in pieno. I dati e le interfacce non erano sufficientemente definiti e il processo di raccolta dei dati presso i fornitori di servizi non era integrato. Di conseguenza, si sono verificate interruzioni dei media e forniture di dati incomplete. La gestione dei dati ha richiesto un onere supplementare che avrebbe potuto essere evitato. Ad esempio, i medici hanno dovuto compilare un formulario aggiuntivo per segnalare le malattie di covid-19. Rammentiamo anche che per una strategia TTIQ (test, tracciamento, isolamento, quarantena) efficiente a livello nazionale, occorrono strumenti digitali efficaci, con integrazione dell’app d’identificazione dei contatti.

Il settore sanitario manca di basi digitali importanti

Durante la pandemia di covid la mancanza di determinati processi digitali consolidati ha avuto il suo peso. Mancava la necessaria base di tecnologie e di processi, poiché le necessarie innovazioni digitali sono state trascurate per anni. La cartella informatizzata del paziente (CIP) e l’identificazione elettronica (E-ID) sono due elementi di base essenziali che avrebbero semplificato una comunicazione digitale ben stabilita tra ospedali e autorità. Questo deve essere corretto il più rapidamente possibile – tenendo conto delle competenze del settore privato, poiché non si tratta qui di reinventare la ruota.

Oltre a introdurre la trasformazione digitale attesa da tempo, occorre effettuare una chiara e ponderata scelta circa la protezione dei dati digitali. Raggiungere un equilibrio tra utilità e protezione implica di proteggere bene i dati, senza limitare la finalità dello strumento digitale al punto che il vantaggio non supera più i costi.

Una cartella informatizzata del paziente permetterebbe di regolare le questioni fondamentali di sicurezza dei dati, che non dovrebbero allora essere rinegoziati ad ogni nuova applicazione. Regole conviviali come il principio di una volta per tutte potrebbero allora applicarsi ad ogni nuovo strumento e i dati chiave sulla salute dovrebbero essere registrati una sola volta. Infine, dei dati sulla salute ben strutturati sono anche molto preziosi per la ricerca – se i pazienti danno il loro consenso in materia. Il nostro dossierpolitica fornisce maggiori informazioni in proposito.

2.4 Comunicazione che semina confusione

In situazione di crisi, è essenziale comunicare in modo corretto. Il Consiglio federale ha spesso parlato di responsabilità individuale dei cittadini e delle aziende nell’attuazione delle misure decise. Ciò presuppone che queste ultime siano comunicate in maniera comprensibile. Nelle sue prime procedure all’inizio della pandemia, il Consiglio federale vi è in generale riuscito. Man mano che la crisi si prolungava e le conferenze stampa si moltiplicavano, la comunicazione ha iniziato tuttavia a seminare confusione. Meno sarebbe forse stato preferibile. Il centro stampa della Confederazione ha ospitato numerose conferenze stampa di esperti dell’amministrazione o degli ambienti scientifici, dalle dichiarazioni in parte contraddittorie o in contraddizione con il Consiglio federale. Ciò non ha aiutato i cittadini a sapere cosa fosse realmente vero e valido. Ad un certo punto, il sentimento di urgenza ha finito per scomparire sotto l’insistenza nella reiterazione della gravità. Nella fase più acuta della pandemia, di fronte al grande bisogno d’informazione, la cadenza elevata di conferenze stampa era sicuramente giustificata. Negli ultimi mesi, ve ne sono tuttavia state troppe. Talvolta, la comunicazione delle misure da parte del Consiglio federale è stata interpretata dalla popolazione in maniera confusa. Esso presentava dapprima le misure poste in consultazione e, in seguito, quindici giorni dopo, comunicava ciò che andava realmente applicato. Una soluzione sarebbe quella di gerarchizzare il genere di comunicazione e diffonderlo: il Consiglio federale presenta solo le decisioni finali, in conferenza stampa, le persone competenti dell’amministrazione federale annunciano le consultazioni, ecc.

Sfortunatamente, la Svizzera non ha mai raggiunto il tasso di vaccinazione auspicato e soluzioni valide come l’app SwissCovid non hanno preso piede. Perfino l’app Covid Cert ha suscitato lo scetticismo di alcuni ambienti. L’educazione di base sui benefici della vaccinazione avrebbe potuto essere avviata prima, in modo che la popolazione potesse farsi un’opinione sul tema della vaccinazione prima della data concreta della vaccinazione. Allo stesso modo, si sarebbe dovuta promuovere maggiormente la fiducia delle persone nelle soluzioni tecniche. A livello di innovazione tecnica, le app SwissCovid e Covid Cert sono in ogni caso dei successi.

2.5 Accettazione favorita da processi decisionali democratici e federali

È un punto di forza dimostrato che la maggior parte delle decisioni nelle strutture democratiche sono prese in modo partecipativo e con il coinvolgimento delle parti interessate. La breve fase durante la quale il Consiglio federale ha deciso da solo si è limitata alla situazione straordinaria. Dopo questa, la partecipazione di tutti i gruppi è stata garantita in ogni momento. Di fronte all’urgenza, è comprensibile che sia mancato del tempo per avere degli scambi e discutere ogni dettaglio. Il popolo svizzero ha tuttavia ugualmente potuto esprimersi a due riprese sulla legge COVID-19, ciò che è unico al mondo.

Il federalismo ha mostrato i suoi lati positivi e negativi. Buone soluzioni cantonali per lottare contro la pandemia, ad esempio il modello dei test nel Grigioni, hanno così potuto essere riprese dalla Confederazione e dagli altri Cantoni. Esso non ha impedito che la diffusione di buoni esempi cantonali in tutto il paese sia stata spesso più rapida.

La situazione particolare ha rivelato il problema dei limiti nelle competenze tra la Confederazione e i Cantoni nonché il loro punto di vista diverso in materia di competenza decisionale. Alcune scelte sono state più volte respinte. In estate e in autunno del 2020, i Cantoni hanno talvolta atteso che la Confederazione adottasse regole a livello nazionale, mentre il Consiglio federale voleva che ogni Cantone definisse le proprie misure secondo le disposizioni legali per la situazione particolare. Durante questo periodo, si è potuto vedere che le decisioni sgradevoli sono volentieri affidate alla Confederazione, forse per non essere autori di notizie spiacevoli o per timore delle conseguenze finanziarie. Nel 2021 e nel 2022, la maggior parte delle decisioni sono allora state prese dalla Confederazione, dopo consultazione dei Cantoni. Se il breve termine di queste consultazioni non è stato ideale per la presa di decisioni nei Cantoni e tra di loro, le concertazioni necessarie all’interno e all’esterno non potendo spesso essere condotte, questa considerazione ha in ogni caso migliorato l’accettazione di decisioni nei Cantoni, responsabili di far applicare le misure. Uno scambio più precoce avrebbe tuttavia aiutato i Cantoni a realizzare più rapidamente le ultime misure della Confederazione. Ciò non è stato ad esempio il caso per la vaccinazione. I Cantoni sono stati informati dalla Confederazione a troppo breve scadenza, talvolta contemporaneamente al pubblico.

Altro inconveniente del federalismo: le diverse misure cantonali, non sempre facili da applicare – nella situazione particolare – per le aziende attive in tutto il paese. Per alcune misure, i Cantoni hanno così introdotto procedure diverse, con registrazioni cantonali o azioni e istruzioni distinte (ad es. per le vaccinazioni e test in azienda). Una delle spiegazioni è che i Cantoni hanno senza dubbio valutato la situazione in modo diverso.

2.6 Attaccare i problemi alla radice: indennità per lavoro ridotto e aiuti finanziari per efficienza economica massima

La Confederazione ha offerto un solido sostegno alle parti direttamente colpite. Le indennità per disoccupazione parziale (15,1 miliardi di franchi nel 2020 e 2021), l’assegno per perdita di guadagno dovuta al coronavirus (4 miliardi di franchi nel 2020 e 2021) e i crediti transitori COVID-19 in ragione di 16,9 miliardi di franchi si sono spesso rivelati i principali strumenti per ovviare alle mancanze di liquidità. Essi hanno da una parte permesso di mantenere ampiamente il potere d’acquisto della popolazione e, di conseguenza, la domanda di beni e di servizi e dall’altra parte hanno aiutato le aziende che soffrivano di problemi di liquidità a continuare a produrre. Le strutture economiche sane hanno così potuto essere salvate nelle fasi più acute della pandemia. Grazie all’effetto mirato degli strumenti, il denaro è effettivamente arrivato alle parti colpite. Hanno dunque prodotto un effetto diretto, evitato una reazione a catena e limitato il calo congiunturale. Questi due strumenti importanti (crediti COVID-19 e indennità per lavoro ridotto) sono stati completati dal programma per i casi di rigore (4,7 miliardi di franchi a fondo perso) e dai prestiti, fideiussioni e garanzie concesse in ragione di 226 milioni di franchi. Il programma per i casi di rigore è stato specialmente importante per i settori obbligati a sospendere la loro attività, anche se ha talvolta frenato il necessario cambiamento strutturale, su immagine del numero di fallimenti inferiore alla media durante questo periodo.

L’esempio dei crediti COVID-19 mostra che una cooperazione tra autorità e settore privato – nella tradizione di milizia svizzera – può rapidamente sfociare in buone soluzioni per l’elaborazione e l’attuazione di misure urgenti. Nel caso dei crediti COVID-19, è alle conoscenze delle banche che bisogna fare appello. Inoltre, le aziende hanno provato di essere bene in grado di proteggere il loro personale introducendo concetti di protezione adeguati, senza istruzioni dettagliate delle autorità. Alcune multinazionali hanno così messo in atto concetti di protezione in febbraio e marzo 2020, vale a dire prima del lockdown. In seguito, le aziende hanno continuato ad adeguarsi alle ultime istruzioni delle autorità. Per taluni aspetti, come la qualità dell’aria negli spazi chiusi, molte di esse hanno perfino superato le autorità. La situazione è tuttavia diventata confusa ogni volta che le autorità non si sono limitate a regole fondamentali, ma sono intervenute esageratamente nei dettagli. Le disposizioni adottate nella primavera 2020 su ciò che poteva essere venduto nel commercio al dettaglio, sull’applicazione del criterio d’importanza sistemica – decidendo quali aziende non sarebbero state chiuse – o sugli interventi che potevano essere effettuati negli ospedali ne sono un esempio lampante. In occasione delle successive ondate di covid, gli ospedali hanno avuto un maggior margine di manovra e hanno allora potuto determinare meglio le operazioni per le quali avevano ancora delle capacità o quali dovevano rinviare. Si sono così dovuti ricuperare meno interventi dopo ogni ondata, senza che le UTI siano state esageratamente sovraccaricate durante le ondate.

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3 Raccomandazioni

Le osservazioni presentate portano a diverse raccomandazioni concrete. Queste ultime concernono da una parte l’organizzazione di crisi a livello federale (cf. capitolo 3.1), dall’altra parte il rafforzamento e lo sviluppo necessario delle competenze (cf. capitolo 3.2) nonché la preparazione immediata per l’autunno e l’inverno 2022/23 (cf. capitolo 3.3). Bisogna inoltre tener conto della revisione in corso della legge sulle epidemie.

3.1 Organizzazione di crisi a livello federale

Come spiegato sopra, l’organizzazione di crisi a livello federale avrebbe potuto essere migliore e le istanze esistenti non sono state o troppo poco sollecitate. L’organizzazione di crisi dev’essere di conseguenza adeguata. La Confederazione ha bisogno di uno Stato maggiore di crisi professionale e permanente che possa intervenire in tutte le situazioni di crisi, con un organigramma preventivamente definito che ripartisca chiaramente le responsabilità. In caso di situazione di emergenza nazionale, soltanto un’organizzazione di Stato maggiore permanente permette un intervento rapido e professionale. Questo allevierebbe anche i servizi federali interessati.

Secondo l’articolo 55 della legge sulle epidemie, la Confederazione deve disporre di un organo di intervento «per gli eventi che presentano un rischio particolare per la salute pubblica, in particolare per far fronte ad una situazione particolare o straordinaria». Per contro, non bisogna definire strutture di crisi specificamente per il caso di una prossima epidemia. Occorre creare una struttura di direzione operativa, in grado di gestire delle crisi diverse quali penurie di elettricità, cyberattacchi, ecc. Lo Stato maggiore federale Protezione della popolazione (SMFP), incaricato di gestire le situazioni di emergenza, dev’essere trasformato a tale scopo. Bisogna ampliare le sue attribuzioni affinché esso non sia unicamente destinato alla «protezione della popolazione», ma possa in generale essere utilizzato nella gestione di catastrofi e situazioni di emergenza nazionali. Esso dev’essere indipendente dai Dipartimenti e, in caso di crisi, direttamente subordinato al Consiglio federale. Dovrebbe invece essere collegato alla Cancelleria federale sul piano organizzativo, ossia essere posto più in alto nella gerarchia del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS). La direzione dello Stato maggiore di crisi peserebbe allora maggiormente nell’amministrazione federale, soprattutto nei confronti delle direzioni di uffici. Il Consiglio federale mantiene la responsabilità politica e decide quando lo Stato maggiore di crisi debba essere attivato. Inoltre, il Parlamento dovrebbe poter incaricare il Consiglio federale di istituire o disattivare lo Stato maggiore di crisi.

Durante la crisi, il Consiglio federale continua a prendere le decisioni più importanti. Lo Stato maggiore di crisi può sottoporgli proposte a tale proposito. Tuttavia, il Consiglio federale dovrebbe attribuire delle competenze decisionali chiare allo Stato maggiore di crisi, con una determinata latitudine, tranne alcune decisioni. Quest’ultimo può allora reagire rapidamente e coordinarsi con gli Stati maggiori di crisi dei Cantoni – ciò che richiede nuovamente dei canali di comunicazione prestabiliti. Lo Stato maggiore di crisi deve inoltre essere competente per dettare direttive in seno all’amministrazione federale, allo scopo di poter fissare delle priorità e vegliare all’adozione rapida e coerente delle decisioni. Congiuntamente con lo Stato maggiore di crisi, il Consiglio federale gestisce la comunicazione in situazioni di crisi e determina chi comunica cosa e quando. Dal lato delle autorità, soltanto le istanze politicamente legittimate, ad esempio dal Consiglio federale o dai Governi cantonali, sono abilitate ad informare. La direzione dello Stato maggiore di crisi deve inoltre poter comunicare se la competenza in materia gli sia stata attribuita.

Quadri con competenze in gestione di crisi dovrebbero essere membri permanenti dello Stato maggiore di crisi della Confederazione. Piuttosto che essere stabilita quando sorge una situazione di emergenza, come è il caso oggi, la presidenza dovrebbe già essere preventivamente fissata, con una persona di esperienza in gestione delle crisi. Ai membri permanenti si aggiungono degli esperti specifici durante la situazione di emergenza: tra l’altro la direzione di ufficio responsabile in caso di epidemia, nonché degli esperti in epidemiologia dei ranghi dell’amministrazione, o degli esperti in energia in caso di panne di elettricità. Tutti dovrebbero essere integrati nelle strutture normali allo scopo di garantire il collegamento con gli uffici federali. Per evitare di perdere tempo prezioso nel formare lo Stato maggiore di crisi, questi esperti devono se possibile già essere designati in tempi normali. In caso di crisi prolungata, occorre poter garantire la capacità di sostegno ed ampliare le competenze. Per questo, lo Stato maggiore di crisi dovrebbe poter far capo a persone qualificate del DDPS, dell’amministrazione federale, ma anche dell’economia privata.

Affinché le procedure funzionino, lo Stato maggiore di crisi deve esercitarsi nelle diverse composizioni ed essere operativo in qualsiasi momento. Lo Stato maggiore di crisi organizza dunque regolarmente formazioni e formazioni continue nonché esercizi di crisi in seno alla propria rete. In passato, il DDPS aveva già organizzato esercizi di questo tipo. Tuttavia, i responsabili delle decisioni si sono regolarmente ritirati. In futuro, la partecipazione a simili esercizi dev’essere obbligatoria per tutte le persone chiamate ad intervenire in caso di crisi.

È importante integrare delle associazioni, gli ambienti scientifici ed altri attori. Affinché le strutture restino rapide ed efficienti, non devono far parte direttamente dello Stato maggiore di crisi. Il contatto dev’essere assicurato da persone di collegamento dello Stato maggiore di crisi, che dirigono eventuali riunioni informative o di gruppi di esperti che riferiscono le conclusioni allo Stato maggiore di crisi, attraverso canali di comunicazione chiaramente definiti.

Durante una crisi, un compito centrale dello Stato maggiore di crisi è di valutare regolarmente la situazione, ivi compresa la pubblicazione di scenari di evoluzione. Lo scopo è di premunirsi contro le cattive sorprese e di permettere un processo di lavoro ordinato dell’amministrazione federale e dei Cantoni sulla base di pianificazioni prevedibili elaborate preventivamente. In tempi normali, lo Stato maggiore federale deve seguire costantemente la situazione per quanto concerne i principali rischi. Dev’essere raggiungibile in qualsiasi momento ed essere operativo in poche ore.

Per uno Stato maggiore di crisi permanente, è possibile reclutare persone dalle competenze richieste, ciò che offre un vantaggio enorme. Per poter superare una crisi con successo, è in effetti essenziale avere le giuste persone nei posti direttivi. Durante la crisi del covid, i posti di direzione sono stati affidati a persone provenienti dall’amministrazione federale. Per gestire una crisi, occorrono tuttavia altre attitudini rispetto, ad esempio, alla gestione di una crisi amministrativa in periodi normali. L’elaborazione di un’ordinanza interna richiede diversi mesi: quattro mesi per la consultazione, in seguito analisi di quest’ultima e infine adattamento dell’ordinanza. In situazioni di crisi invece, occorre prendere decisioni di grande portata ad un ritmo quotidiano, senza ampio sostegno e in un clima di grande incertezza, affinché il Consiglio federale possa rapidamente rendere note le proprie conclusioni. L’esperienza mostra che le persone provenienti dall’amministrazione sono spesso superate quando il loro profilo professionale cambia improvvisamente e completamente. È estremamente difficile trovare dei candidati che adempiano i due profili di competenza, per l’amministrazione e per la gestione di crisi. Le persone dalle competenze eccezionali in gestione di crisi crescono con le sfide a breve termine, in situazioni che cambiano costantemente. Esse non trovano soddisfazione in un posto in una funzione della linea dell’amministrazione, dove le loro competenze chiave sono solo raramente richieste. Se il team di gestione della crisi, come richiesto qui, è aperto in termini di argomenti, sarà anche richiesto regolarmente e i gestori della crisi possono applicare continuamente e sviluppare ulteriormente le proprie competenze.

3.2 Competenze richieste per fronteggiare un’epidemia

In un’organizzazione generale di crisi, le misure descritte al capitolo precedente non bastano per superare con successo un’epidemia o una pandemia. Le autorità devono per questo disporre di altre competenze tecniche, soprattutto nei seguenti settori: raccolta e analisi di dati, piano pandemico, contributo specializzato all’organizzazione di crisi della Confederazione e scambio delle conoscenze.

1. Raccolta e analisi di dati

  • Attuazione del processo di raccolta dati:

    Procedure di raccolta dati devono già essere create in tempi normali, allo scopo di poter servire immediatamente in caso di crisi. I dati essenziali sulla situazione epidemiologica devono imperativamente essere disponibili in tempo reale. Occorre dunque definire i valori pertinenti ed instaurare le interfacce affinché, secondo il principio di una volta per tutte, gli ospedali, gli studi medici, i laboratori, ecc., non debbano più dover fare ulteriori dichiarazioni separate, ma che il processo di raccolta dei dati sia integrato nei sistemi informatici degli operatori, senza interruzione dei media.

  • Creazione di una base dati centrale:

    Questo database dovrebbe contenere tutti i dati necessari per combattere un'epidemia e valutarla scientificamente. I dati particolarmente critici dal punto di vista temporale come l'occupazione delle UTI e degli ospedali o i risultati dei test devono essere resi anonimi in tempo reale per gli organi decisionali. I dati devono inoltre essere pubblicati regolarmente sotto una forma appropriata.

  • Realizzazione e sviluppo di analisi di dati standardizzati
  • Garanzia dell’infrastruttura per la sorveglianza epidemiologica e i lavori di ricerca applicata e di sviluppo (capacità di test, laboratori, ecc.)

2. Piano di pandemia

  • Aggiornamento regolare del piano di pandemia nazionale
  • Monitoraggio dell'attuazione del piano pandemico negli uffici federali competenti. e nei Cantoni.
  • Valutazione costante delle migliori pratiche e della gestione di epidemie passate come aspetto importante per un adattamento ottimale del piano di pandemia

3. Cooperazione specializzata nelle strutture organizzative di crisi della Confederazione

  • Contributo alla creazione di un’organizzazione di crisi efficace ed efficiente per lo scenario epidemia/pandemia
  • Attuazione di esercitazioni regolari a livello tecnico e partecipazione affidabile dei decisori alle esercitazioni congiunte
  • In caso di crisi:
    • Partecipazione allo Stato maggiore di crisi della Confederazione nei ruoli predefiniti
    • Valutazione della situazione epidemiologica
    • Elaborazione di scenari e previsioni
    • Elaborazione di piani di misure sulla base del piano di pandemia esistente e dei possibili scenari
    • Responsabilità tecnica per l’attuazione delle misure di politica sanitaria, in cooperazione con i Cantoni
    • Responsabilità della comunicazione tecnica in pubblico, in concertazione con lo Stato maggiore di crisi della Confederazione

4. Scambio di conoscenze

  • Preparazione e diffusione delle conoscenze scientifiche attuali secondo i destinatari: amministrazione, stabilimenti ospedalieri e pubblici nonché, in situazione di crisi, Stati maggiori di crisi nazionali e cantonali. Soprattutto in caso di crisi, è essenziale dare dei punti di riferimento alla popolazione. Occorre instaurare dei canali di comunicazione con gli ambienti scientifici in Svizzera e all’estero e definire in particolare chi assumerà il ruolo di «portavoce scientifico» ufficiale in periodo di crisi.
  • Lo scambio di conoscenze tra gli operatori del settore sanitario, i ricercatori e l’amministrazione deve già essere stabilito e promosso in tempi normali. Soprattutto in caso di crisi, è indispensabile che le esperienze al contatto di un nuovo agente patogeno siano condivise il più rapidamente possibile e che le istanze della gestione di crisi possano prendere conoscenza dei dati scientifici attuali e tenerne conto.
  • Occorre una visione globale del mercato dell’economia privata e delle competenze nelle imprese alfine di poter, in caso di crisi, ricorrere in maniera mirata alle conoscenze e alle risorse (materiale o informatica/digitalizzazione, ecc.), nella tradizione di milizia svizzera. Ciò permette di sostenere la riserva di capacità dello Stato (laboratori, ecc.).

I compiti di cui sopra dovrebbero essere svolti dall'UFSP. Sfortunatamente, durante la pandemia è emerso che l'UFSP in generale e la Divisione Malattie Trasmissibili in particolare non sono stati in grado di svolgere tutti questi compiti in modo adeguato. Mancava una cultura di attuazione. L’UFSP ha dovuto esternalizzare dei compiti chiave e ricorrere alle competenze di esperti. Occorre assolutamente che la Svizzera sia in futuro meglio equipaggiata per far fronte alle epidemie di ogni genere. Sia che l’UFSP si doti delle competenze richieste e possa meglio gestire una prossima crisi, sia che alcuni compiti siano esternalizzati. Una soluzione sarebbe di mettere in atto un istituto di gestione delle epidemie sotto forma di un’unità amministrativa esterna che, su mandato dell’UFSP, assuma tutto o parte dei compiti menzionati. In medicina veterinaria, l’Istituto di virologia e di immunologia (IVI) rappresenta già un centro di competenze comparabile per la sorveglianza e la gestione delle epizoozie e zoonosi. Un istituto su questo modello sarebbe, in tempi normali, incaricato di alcuni dei compiti menzionati e, in tempo di crisi, integrato all’organizzazione di crisi della Confederazione. Esso potrebbe inoltre essere integrato nelle reti di ricerca nazionali e internazionali e gestire le proprie attività di ricerca applicata e di sviluppo.

economiesuisse chiede che ci si impegni maggiormente per posizionare meglio l’UFSP affinché esso possa, con una qualità elevata e tempi stretti di reazione, adempiere il maggior numero possibile di compiti menzionati in questo capitolo. Occorre allora anche esaminare se alcuni compiti possano essere meglio coperti da un istituto esterno. Ad ogni modo, è imperativo che un eventuale istituto funzioni attraverso un mandato di prestazioni dell’UFSP, affinché quest’ultimo mantenga la responsabilità globale e che le responsabilità non possano essere trasferite.

3.3 Preparazione immediata per l’autunno e l’inverno 2022/2023

Gli scenari della Confederazione per lo sviluppo a medio e lungo termine di ³ sono caratterizzati dallo scenario 3 ‘Aumento del numero di casi che non potevano più essere gestiti con le strutture esistenti’ e dallo scenario 4 ‘Situazione di pandemia con un nuovo agente patogeno’, situazioni che mostrano sviluppi in cui è necessaria un’organizzazione di crisi. Dunque bisogna fare in modo che tutti gli attori, dalla Confederazione agli operatori individuali passando dai Cantoni, vi siano preparati. Dal punto di vista di economiesuisse, il lavoro preparatorio per i punti seguenti in particolare dev’essere intrapreso senza indugi, alfine di essere meglio preparati in vista dell’autunno (o già di quest’estate se del caso) rispetto a questi ultimi due anni:

  • L'organizzazione di crisi deve essere adattata il prima possibile in base a quanto sopra descritto. (cfr. capitolo 4.1). Finché non vengono apportate modifiche alla legge non ci sono scuse che possano giustificare un rinvio. economiesuisse osserva con preoccupazione che in questo momento le strutture di crisi vengono abolite e si perdono i portatori di know-how. Occorre mantenere una struttura minima con la possibilità di una rapida espansione.
  • La Confederazione deve comunicare in quale momento cambierà la situazione (normale, particolare, straordinaria), e con quali conseguenze. Ciò migliorerebbe la certezza di pianificazione per le aziende. Il piano in questione dev’essere il più preciso possibile, anche se va da sé che non può essere perfetto e che dovrà essere adattato a breve termine secondo la situazione epidemiologica.
  • La ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni dev’essere definita in modo vincolante, per evitare conflitti di competenza con conseguenze negative. È assolutamente incomprensibile che la Confederazione e i Cantoni non siano stati in grado di concordare un approccio comune per il prossimo autunno e inverno. La Confederazione ha certamente pubblicato un documento di base a tale proposito, ma senza l’accordo dei Cantoni, ciò che non è per niente utile se questi ultimi non agiscono nella stessa direzione. Inoltre, una procedura congiunta aiuterebbe a differenziare gli approcci e le applicazioni su misura nei Cantoni. Se la Confederazione e i Cantoni non riescono ad intendersi sugli obiettivi e la ripartizione dei compiti, la Confederazione non dovrebbe – in caso di deterioramento della situazione – attendere e prendere in mano le cose per mettere in atto le pianificazioni che s’impongono.
  • Occorre determinare degli indicatori chiave la cui raccolta – in tempo reale – sarà automatizzata. Ciò comprende almeno il numero di ospedalizzazioni, il tasso d’occupazione delle UTI e degli ospedali in generale, con una distinzione sistematica tra occupazione totale (casi di covid inclusi) e occupazione dovuta al covid. Bisogna inoltre tener conto delle cifre chiave relative ai test e alle vaccinazioni.
  • Delle interfacce digitalizzate devono essere definite per la raccolta automatica degli indicatori chiave. In questo contesto, occorre anche determinare quali sistemi esistenti potrebbero essere meglio utilizzati o sviluppati a breve termine.
  • Una pianificazione dev’essere stabilita quanto alle capacità delle UTI, ma anche alle capacità in relazione alle possibili vaccinazioni di richiamo, test e tracciamento dei contatti. Questa pianificazione è di competenza cantonale. Per quanto concerne le capacità delle UTI, i Cantoni devono tuttavia mettersi d’accordo.
  • Per i viaggiatori, devono essere create in tempo utile offerte sufficienti di vaccinazioni di richiamo e/o di prolungamento del certificato covid. La maggior parte dei certificati scadranno di fatto nei prossimi mesi e l’entrata sul territorio di altri Stati è retta dalle disposizioni che evolvono differentemente. Alcuni paesi continuano a richiedere un certificato di vaccinazione, o anche dei test. In caso di restrizioni estese, le lettere dell’Ufficio federale per l’approvvigionamento economico del paese (UFAE), che attestano l’importanza sistemica di un’azienda, potrebbero inoltre ridiventare importanti nel traffico internazionale.
  • Occorre valutare l’efficacia delle diverse misure, soprattutto di quelle dall’approccio restrittivo. Soltanto le misure che si sono rivelate efficaci in questi ultimi due anni dovrebbero essere riattivate. L’aspetto della qualità dell’aria negli spazi chiusi deve anche – infine – essere meglio considerato, ad esempio orientandosi al CO2 misurato nei locali quando sono decise delle misure restrittive. Ogni misura dev’essere stabilita sulla base di prove scientifiche e soltanto le nuove scoperte scientifiche giustificano nuove misure.
  • Gli ambienti scientifici devono essere sistematicamente associati alle procedure. Con lo scioglimento della Swiss National COVID-19 Science Task Force, occorre ridefinire questa partecipazione, affinché il loro consiglio politico possa effettuarsi in un contesto strutturato.
  • Il tema dello stoccaggio strategico deve essere prioritariamente trattato a livello della Confederazione, dei Cantoni e degli stabilimenti ospedalieri. Le penurie riscontrate dai mercati mondiali non risparmieranno la Svizzera. Il nostro paese deve disporre di stock di beni critici, grazie a riserve obbligatorie sufficienti e all’apertura delle frontiere al traffico delle merci. A livello di operatori di cure, occorre esaminare i rischi critici e adottare misure di preparazione adeguate, in particolare attraverso uno stoccaggio strategico maggiore di beni critici negli ospedali. Questo non concerne soltanto le mascherine e i disinfettanti indispensabili nella pandemia di covid, ma anche, ad esempio, i medicamenti necessari per la sedazione dei pazienti collegati ad un apparecchio respiratorio. I processi normali di acquisto devono essere mantenuti nella misura del possibile. Attraverso una campagna, bisogna inoltre sensibilizzare la popolazione allo stoccaggio strategico, ad esempio di mascherine, disinfettanti e altri prodotti simili.
  • Il Parlamento ha già deciso di estendere le riserve di capacità negli ospedali, che dovranno ora essere finanziate dai Cantoni. Occorre a tale proposito regolare rapidamente le questioni importanti. Dapprima, bisogna definire precisamente la riserva di capacità. Essa concerne unicamente i letti delle UTI? Richiede di creare un gruppo di personale di riserva? In seguito, bisogna determinare il volume della riserva di capacità. Da notare che una riserva di capacità costituisce un bene pubblico in tutta la Svizzera poiché, in occasione di problemi di capacità, i pazienti possono essere trasferiti al di là delle frontiere cantonali. Un coordinamento tra Cantoni è dunque necessario. Infine, occorre chiarire il finanziamento delle riserve di capacità nonché dello stoccaggio strategico.

3.4 Conseguenze per la revisione in corso della legge sulle epidemie

La Confederazione ha avviato la revisione della legge sulle epidemie (LEp). Le raccomandazioni presentate in questo dossierpolitica devono far riflettere e la revisione dev’essere attuata rapidamente. La futura pianificazione della legge sulle epidemie non può tuttavia essere dissociata da altre riforme necessarie: essa dipende così dalla maniera con cui l’organizzazione generale di crisi sarà in futuro messa in atto a livello federale. Solo a valle le regole complementari rispetto alla struttura organizzativa in caso di situazione straordinaria o particolare potranno essere definite nella legge sulle epidemie. L’obiettivo dev’essere di rendere gli organi di crisi più efficienti. Di principio, il modello di gestione della crisi con la situazione straordinaria e particolare ha mostrato la sua validità. La cooperazione tra i Cantoni e tra la Confederazione e i Cantoni deve comunque essere migliorata nella situazione particolare.

Occorre inoltre semplificare la gestione dei dati e lo scambio di informazioni e adattarli meglio alle situazioni di crisi, nonché attribuire una base legale ai test, ausiliari digitali sperimentati e certificati che documentano una vaccinazione, un test negativo o una guarigione. Occorre infine definire gli aiuti finanziari concessi in futuro in caso di danni dovuti a misure ordinate dalle autorità. In allegato, troverete maggiori informazioni sulle raccomandazioni di economiesuisse per i diversi articoli della LEp.

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4 Conclusione

La Svizzera deve essere meglio preparata, non solo per il seguito della pandemia di covid o per un’altra pandemia, ma per le crisi in generale. Questi obiettivi importanti possono essere raggiunti con gli adeguamenti dell’organizzazione di crisi e della legge sulle epidemie proposte in questo documento e, quale complemento, con misure immediate efficaci per superare bene i prossimi mesi.

Non è proibito commettere errori, ma ripeterli sarebbe una negligenza colpevole. Tutte le parti interessate sono dunque invitate a dedicarsi subito a questo compito, affinché la Svizzera non debba più avere il fiato corto in occasione di una prossima epidemia, ma attraversare la tempesta rapidamente e in tutta sicurezza, grazie agli strumenti appropriati.

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