
A colpo d'occhio
- Il tasso di natalità in Svizzera è sceso a un minimo storico.
- La popolazione attiva nazionale è in calo dal 2020, con differenze significative tra i Cantoni.
- Per preservare il benessere sono necessarie varie misure, tra cui un aumento della produttività, l’immigrazione e l’innalzamento dell’età di pensionamento.
In Svizzera, il numero medio di figli per donna è basso da decenni. Dall’inizio degli anni ’80, il tasso di natalità oscilla attorno a 1,5 figli per donna. Negli ultimi tre anni, però, la cifra è diminuita ulteriormente, arrivando nel 2024 a soli 1,29 figli per donna, un valore minimo storico. La Svizzera non è un caso isolato: il tasso di natalità in tutti i Paesi comparabili è nettamente inferiore al 2,1 necessario per garantire il ricambio generazionale. Ciò significa che la popolazione di questi Paesi tende a diminuire nel tempo. È interessante osservare come anche Paesi che offrono un sostegno statale generoso a famiglie e bambini non riescano a sottrarsi a questa dinamica. Nei Paesi nordici, ad esempio, i tassi di natalità sono altrettanto bassi quanto in Svizzera. Chi ritiene quindi di poter contrastare il calo delle nascite ampliando le misure di sostegno statale è decisamente fuori strada.
Nel medio periodo, meno bambini significa meno forza lavoro
Se oggi nascono meno bambini, tra vent’anni entreranno nel mercato del lavoro meno giovani adulti. Gli effetti negativi sulla popolazione attiva possono essere rimandati ancora per qualche anno, poiché la generazione precedente è tuttora nel mercato del lavoro. Ma quando i numerosi nati del baby boom usciranno dalla vita professionale, si creerà un vuoto che le generazioni più giovani non saranno in grado di colmare. La Svizzera è già nel pieno di questa fase: Dal 2020, ogni anno, le persone che raggiungono l’età pensionabile sono più di quelle giovani che entrano nel mercato del lavoro. Tale differenza è destinata ad aumentare nei prossimi anni, per poi diminuire leggermente, restando comunque a lungo termine stabile nella zona negativa. In altre parole, la popolazione attiva nazionale in Svizzera continuerà a ridursi nel lungo periodo.
Tutti i cantoni sono toccati, seppure in misura diversa
L’impatto di questa evoluzione varia sensibilmente da cantone a cantone, come mostra la figura sottostante. Essa illustra come dovrebbe evolvere la popolazione attiva nazionale nei prossimi dieci anni, sulla base dello scenario di riferimento dell’Ufficio federale di statistica (UST) relativo allo sviluppo demografico cantonale. La situazione più critica si presenta nel Canton Grigioni: Qui, entro il 2036, la popolazione in età lavorativa diminuirà di oltre il 13%. Più di un lavoratore su dieci che lascerà il mercato del lavoro nei prossimi anni non potrà essere sostituito da giovani del posto. Lo stesso vale per Basilea Città, Nidvaldo, Ticino, Obvaldo, Neuchâtel e Glarona. Meno colpita appare tendenzialmente la Svizzera romanda, oltre ai cantoni Argovia, Lucerna e Zurigo. Anche qui la popolazione attiva diminuisce, ma in modo meno marcato nel prossimo decennio. Naturalmente, la migrazione interna tra cantoni può influenzare la situazione, ma ciò comporterebbe soltanto un peggioramento per alcuni cantoni a beneficio di altri.
L’evoluzione potrebbe risultare ancora più negativa
Torniamo al tasso di natalità, recentemente sceso a 1,29 figli per donna – un valore inferiore a quello ipotizzato nello scenario di riferimento per i vari cantoni. I dati più recenti indicano che, per quanto riguarda la natalità, ci si avvicina piuttosto allo scenario più pessimista. Questo non avrà effetti immediati, ma implica che l’evoluzione a lungo termine della popolazione attiva sarà probabilmente ancora più negativa di quanto già temuto.
Sono necessarie diverse misure
Cosa fare? Come accennato, il tasso di natalità difficilmente può essere influenzato dai provvedimenti statali. Inoltre, un eventuale aumento del numero di figli per donna non avrebbe effetti a breve termine sulla popolazione in età lavorativa. Per compensare la perdita, occorrono quindi altre misure: aumento della produttività, valorizzazione del potenziale ancora inespresso della forza lavoro, immigrazione di lavoratori stranieri e innalzamento dell’età di riferimento. Non tutte queste misure sono popolari oggi, ma alla luce dell’evoluzione demografica, sono necessarie per preservare il benessere. Chi non è disposto ad agire su uno di questi fronti deve essere consapevole che le altre misure dovranno incidere ancora maggiormente.
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