COP27 in Sharm El-Sheikh

Conferenza sul clima: non funzionerà, ma bisogna fare qualcosa

La Conferenza sul clima (COP27)  si è conclusa a Sharm el-Sheikh con pochi alti e molti bassi. Essa non ha compiuto progressi per il clima, anche dal punto di vista dell’economia.

La politica climatica mondiale non è sulla buona strada, poiché gli impegni assunti dai paesi non sono sufficienti a limitare il riscaldamento globale a +1,5 °C. Per non parlare dell’effettiva traiettoria di riduzione. Particolarmente problematica è la mancanza di impegno da parte dei principali emettitori – il Presidente cinese e il Presidente russo non si sono nemmeno presentati e il Presidente americano è arrivato tardi. Anche la Svizzera non ha ricevuto lodi, visto che ha perso sette posizioni nella classifica della protezione del clima e non fa più parte dei top 20. Appare quindi chiaro che l’obiettivo di 1,5°C diventa sempre più irrealizzabile e il risultato mitigato della Conferenza non cambierà le cose. 

NON SOLO IL CLIMA È AVVELENATO, ANCHE LE RELAZIONI TRA GLI STATI

Il dibattito si è quindi incentrato quasi più sulla distribuzione dei danni (i cosiddetti "loss and damages") che sulla prevenzione di ulteriori danni. I pareri sono divisi su questa questione: da una parte, sono soprattutto i paesi in via di sviluppo e gli Stati insulari che si considerano 'vittime del clima' e vogliono ricevere un compenso per i danni. Dall’altra parte, i paesi occidentali sono infastiditi dal fatto che paesi come la Cina e l’Arabia Saudita, ex paesi emergenti ma ormai grossi emettitori, tentino di posizionarsi anch’essi quali vittime del clima. Ciò è inaccettabile per una gran parte dei paesi industrializzati. Si è infine deciso di istituire un fondo di sostegno ai paesi più poveri per far fronte ai danni causati dal cambiamento climatico – il futuro ci dirà in quale misura questo strumento sarà efficace.

TUTTI I PAESI RICONOSCONO ALMENO IL PROBLEMA

Il fatto che la preoccupazione per il clima sia un denominatore comune in tutto il mondo è un punto positivo. Il Segretario generale dell'ONU ha dichiarato con convinzione che circoliamo a pieno regime sull’autostrada verso l’inferno climatico e che abbiamo ancora il piede sull’acceleratore. Resta da sapere se questo condurrà la comunità mondiale a imboccare la prossima uscita.

Ma non è perché l’obiettivo di 1,5°C diventa irrealizzabile che la lotta per ogni decimo di grado non valga la pena. La Svizzera può svolgere a tale proposito un ruolo importante:

  • Scendere dal piedistallo – non solo, ma anche la Svizzera Non è così confortevole, perché se si scende dal piedistallo, ci si ritrova nel fango con tutti gli altri. Ma tutti i paesi devono passare da questo. I paesi sviluppati che, nonostante il loro livello relativamente basso di intensità delle emissioni, non devono sottrarsi alle loro responsabilità, in particolare per le catene di approvvigionamento mondiali. Questo vale anche per la Svizzera e le sue importazioni, che raddoppiano quasi la sua impronta climatica. E vale anche per i paesi in via di sviluppo, i cui sforzi non devono limitarsi a lottare per ricevere delle compensazioni e a giocare il ruolo di vittime..
  • Utilizzare la leva diplomatica.  In quanto paese piccolo, con l'uno per mille la Svizzera provoca una quota di emissioni globali inferiore alla media. Al contempo, come paese impegnato e con un benessere piuttosto alto, ha un peso diplomatico molto importante. Più che sulla riduzione delle emissioni rimanenti all’interno del paese (anche se ciò resta senza alcun dubbio un suo dovere), la Svizzera dovrebbe porre l’accento sui progressi a livello internazionale. Un esempio sarebbe la creazione del club climatico del G7, che capovolgerebbe la politica climatica mondiale. Un esame approfondito del sostegno ad un simile club climatico sarebbe una buona cosa per la Svizzera.
  • Utilizzare la leva economica. Uno studio condotto da McKinsey in collaborazione con economiesuisse e il WWF ha mostrato che la Svizzera dispone di un’immensa leva climatica globale: grazie alla sua forte economia globale essa è un paese che conta per il clima. E le aziende svizzere sono ai vertici: recentemente, la 100ma azienda svizzera si è fissata degli obiettivi climatici basati sulla scienza (SBTi). Le aziende svizzere si impegnano così a decarbonizzare globalmente più di nove volte le emissioni nazionali svizzere. Osiamo perfino pronosticare che le aziende svizzere potrebbero avvicinarsi all’obiettivo di 1,5 °C. Si tratta qui di sostenere le aziende in questo viaggio ambizioso, poiché la Svizzera può così realmente fare la differenza nella lotta globale contro il cambiamento climatico.
  • Attuare degli adattamenti. Sono probabili danni maggiori a causa del cambiamento climatico mondiale. Una politica intelligente non investe unicamente nella prevenzione – il nostro paese può certamente svolgere un ruolo, ma il successo o il fallimento globale vengono decisi da altri. Dobbiamo rafforzare la resilienza della Svizzera – ad esempio interconnettendo i sistemi dell’acqua potabile, migliorando la protezione contro le inondazioni, garantendo la protezione delle persone anziane e dei malati contro le ondate di calore. I critici affermano che gli investimenti nella resilienza distoglierebbero l’attenzione dalle misure di riduzione – ma una scialuppa di salvataggio non distrae il capitano dalla giusta rotta della nave.

Per progredire nella lotta contro il cambiamento climatico, occorre ora più che mai lavorare insieme. In questo contesto, la divisione della comunità mondiale è quasi più inquietante della mancanza di progresso. Ed è precisamente qui che la Svizzera, in quanto paese con un certo peso a livello internazionale, può intervenire. Perché ciò che non esiste ancora può - e deve! – ancora essere fatto.