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Iniziativa per alimenti equi: no a una tutela costosa

A colpo d'occhio

L'Iniziativa per alimenti equi impone alla Confederazione di inasprire ulteriormente le esigenze ecologiche e sociali relative alla produzione e alla vendita di derrate alimentari. Essa obbliga lo Stato e i produttori a creare un'enorme burocrazia in Svizzera e all'estero. Per i consumatori, ciò corrisponderebbe a una riduzione della scelta e a un aumento dei prezzi.

L’essenziale in breve

L'Iniziativa per alimenti equi vuole che soltanto degli alimenti derivanti da una produzione “equa” siano presenti sul tavolo degli Svizzeri. Potrebbero essere vendute solo derrate alimentari «di buona qualità e sicure, prodotte nel rispetto dell'ambiente e delle risorse, degli animali e di condizioni di lavoro eque». I produttori stranieri si vedrebbero così imporre delle norme svizzere. Se l'iniziativa venisse accettata, occorrerebbe creare un apparato di controllo costoso e rigoroso per controllare le importazioni. Le conseguenze dirette consisterebbero nell'aumento dei prezzi, nella diminuzione delle possibilità di scelta e in un incremento del turismo degli acquisti. L'iniziativa porterebbe inoltre a un isolamento del mercato, violerebbe gli obblighi internazionali e metterebbe a rischio gli accordi di libero scambio.

Posizione di economiesuisse

  • L'iniziativa obbligherebbe lo Stato e i produttori a creare un enorme apparato di controllo in Svizzera e all'estero.
  • L'iniziativa rincarerebbe le derrate alimentari e ridurrebbe l'offerta con disposizioni supplementari.
  • L'iniziativa stimolerebbe il turismo degli acquisti.
  • L’iniziativa nuocerebbe alla competitività lungo tutta la catena di creazione di valore, dall'industria alimentare al commerciante, fino all'albergatore. Essa metterebbe in difficoltà anche gli agricoltori.
  • L'iniziativa violerebbe gli obblighi e gli accordi internazionali. Probabili misure di ritorsione metterebbero in difficoltà le esportazioni.
  • L'iniziativa non è necessaria poiché a livello nazionale i suoi obiettivi sono già soddisfatti grazie alla Costituzione e a diverse leggi. Per i beni di importazione, l'iniziativa sarebbe praticamente inapplicabile.
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Di che cosa si tratta?

L'Iniziativa popolare dei Verdi «Per derrate alimentari sane, prodotte nel rispetto dell'ambiente e in modo equo (Iniziativa per alimenti equi)» intende obbligare la Confederazione ad ammettere in Svizzera solo derrate alimentari che, secondo i promotori dell'iniziativa, sarebbero considerate «eque». In futuro potrebbero essere vendute solo derrate alimentari «di buona qualità e sicure, prodotte nel rispetto dell'ambiente e delle risorse, degli animali e di condizioni di lavoro eque». L'iniziativa concerne l'intera offerta di derrate alimentari e gli alimenti per animali. Essa interessa dunque sia i prodotti realizzati in Svizzera, sia quelli importati.

Per raggiungere questi obiettivi il testo dell'iniziativa obbliga la Confederazione a emanare prescrizioni sull'autorizzazione e sulla dichiarazione. Per limitare lo spreco di derrate alimentari e privilegiare i prodotti importati provenienti dal commercio «equo» e dalle aziende contadine che coltivano il suolo, il testo dell'iniziativa autorizza inoltre la Confederazione a riscuotere dazi, assegnare contingenti, concludere convenzioni vincolanti sugli obiettivi con i produttori di derrate alimentari, promuovere la commercializzazione di derrate alimentari provenienti dalla produzione regionale e stagionale, nonché prendere provvedimenti contro lo spreco di derrate alimentari. Anche la Confederazione deve provvedere affinché le ripercussioni negative sull'ambiente e sul clima relative alle derrate alimentari vengano ridotte.

L'iniziativa distingue Per le derrate alimentari non trasformate e poco trasformate, la Confederazione viene incaricata di garantire l'offerta secondo i criteri della correttezza. Per le derrate alimentari altamente trasformate e per gli alimenti per animali occorre mirare a questi obiettivi.

Testo dell’iniziativa

Art. 104a Derrate alimentari

1 La Confederazione rafforza l'offerta di derrate alimentari di buona qualità e sicure, prodotte nel rispetto dell'ambiente e delle risorse, degli animali e di condizioni di lavoro eque. Stabilisce le esigenze in materia di produzione e trasformazione.

2 Assicura che i prodotti agricoli importati utilizzati come derrate alimentari soddisfino in linea di massima almeno le esigenze previste nel capoverso 1; persegue questo obiettivo per le derrate alimentari altamente trasformate, le derrate alimentari composte e gli alimenti per animali. Privilegia i prodotti importati provenienti dal commercio equo e dalle aziende contadine che coltivano il suolo.

3 Provvede affinché siano ridotte le ripercussioni negative del trasporto e del deposito di derrate alimentari e alimenti per animali sull'ambiente e sul clima.

4 Le competenze e i compiti della Confederazione sono in particolare i seguenti:

a. emana prescrizioni sull'autorizzazione di derrate alimentari e alimenti per animali, nonché sulla dichiarazione del loro modo di produzione e di trasformazione.

b. può disciplinare l'attribuzione di contingenti doganali e graduare dazi all'importazione.

c. può concludere convenzioni vincolanti sugli obiettivi con il settore alimentare, in particolare con importatori e commercio al dettaglio.

d. promuove la trasformazione e la commercializzazione di derrate alimentari provenienti dalla produzione regionale e stagionale.

e. prende provvedimenti per limitare lo spreco di derrate alimentari.

5 Il Consiglio federale fissa obiettivi a medio e lungo termine e riferisce periodicamente sul loro raggiungimento. Se tali obiettivi non sono raggiunti prende provvedimenti supplementari o rafforza gli obiettivi già fissati.

 

Art. 197 n. 122

12. Disposizione transitoria dell'articolo 104a (Derrate alimentari) Se entro tre anni dall'accettazione dell'articolo 104a da parte del Popolo e dei Cantoni non è entrata in vigore una legge d'esecuzione, il Consiglio federale emana le disposizioni d'esecuzione mediante ordinanza.

L'iniziativa auspica lo standard bio quale obiettivo a lungo termine

In Svizzera le richieste dell'iniziativa vengono già soddisfatte con gli articoli costituzionali concernenti l'agricoltura, con la legge sull'agricoltura, con la legge sulle derrate alimentari, con la legge federale sulla protezione degli animali, ecc. Nel settore della protezione dell'ambiente e delle acque, il Consiglio federale ha approvato il «piano d'azione Economia verde». L'allevamento in batteria è ad esempio proibito. A livello internazionale, gli standard ambientali sono elevati e vengono controllati e adeguati regolarmente dalla Confederazione con strumenti efficaci. Contrariamente all'iniziativa del Partito dei Verdi, la Confederazione persegue una strategia bilanciata e a lungo termine che considera gli interessi globali del paese.

Se l'iniziativa venisse accettata, in una prima fase occorrerebbe aumentare in particolare i requisiti posti ai prodotti importati. Secondo i promotori dell'iniziativa, gli standard per le importazioni devono corrispondere almeno agli standard attuali per i prodotti svizzeri. L'idea dei promotori dell'iniziativa si spinge molto oltre: conformemente alle spiegazioni concernenti il testo dell'iniziativa, per tutte le derrate alimentari prodotte in Svizzera a breve e medio termine occorrerebbe mirare agli standard IP (produzione integrata), mentre a lungo termine allo standard bio. Ciò porterebbe a un forte isolamento del mercato svizzero.

In realtà non vi è motivo di modificare la Costituzione nemmeno per quanto riguarda le importazioni di derrate alimentari. La legge sulle derrate alimentari, ad esempio, prevede che per gli alimenti importati vengano applicate le stesse disposizioni come per gli alimenti prodotti in Svizzera Conformemente alla legge sulla protezione degli animali, la Confederazione può vietare già oggi l'importazione per motivi inerenti alla protezione degli animali (articolo 14 cpv. 1 LPAn). La legge sull'agricoltura autorizza il Consiglio federale a vietare l'importazione di prodotti realizzati con metodi che in Svizzera sono inammissibili per motivi di protezione della vita o della salute di persone, animali o piante (articolo 18 LAgr).

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Mostroso apparato burocratico impossibile da attuare

Al più tardi tre anni dopo l'accettazione dell'iniziativa, sul mercato svizzero potrebbero essere offerte solo derrate alimentari che corrispondono ai criteri dei promotori dell'iniziativa. La Svizzera dovrebbe quindi garantire che le derrate alimentari e gli alimenti per animali adempiano i nuovi standard. Il problema fondamentale consiste nelle numerose domande correlate: come possono essere definite le condizioni di lavoro eque? Salari e orari di lavoro svizzeri oppure eventuali standard internazionali? Cosa significa rispetto degli animali nel caso dei canguri? Gli standard svizzeri possono essere applicati per questi marsupiali? Cosa significa rispetto delle risorse? La coltivazione di avocado non è per niente rispettosa delle risorse e quindi i frutti non possono essere importati? Oppure possono essere importati solo gli avocado coltivati con il maggiore rispetto possibile delle risorse? Ma quali sono le caratteristiche minime che rendono la coltivazione di avocado rispettosa delle risorse?

L'iniziativa potrebbe dunque essere attuata solo con un onere amministrativo enorme. Le derrate alimentari importate in Svizzera dovrebbero recare dichiarazioni comprovanti i requisiti richiesti dai sostenitori dell'iniziativa. Questi documenti andrebbero sottoposti al controllo approfondito dei funzionari doganali svizzeri. Solo questo aspetto porterebbe a un onere amministrativo per le imprese e a un aumento del personale presso la Confederazione. Le autorità doganali non potrebbero limitarsi a un semplice controllo dei documenti. Infatti, una verifica sulla base dell'autodichiarazione non potrebbe garantire che gli standard prescritti vengano effettivamente rispettati. I funzionari svizzeri dovrebbero addirittura recarsi all'estero per controllare se gli standard di produzione dichiarati vengono effettivamente rispettati. Tuttavia, affinché le autorità di ammissione svizzere possano procedere ai controlli all'estero senza violare l'integrità territoriale, la Svizzera dovrebbe concludere degli accordi con i paesi in questione. Siccome a differenza degli interessati attivi lungo la catena di produzione di valore lo Stato non conosce i fornitori, le autorità di controllo dovrebbero innanzitutto creare una rete di contatti. Nel caso delle derrate alimentari svizzere altamente trasformate, l'onere diventa enorme. Per le lasagne surgelate bisognerebbe verificare l'intera catena di fornitura: l'agricoltore che coltiva il frumento, il mulino che lo macina per produrre la farina, i diversi coltivatori di basilico, i produttori di sale, di concentrato di pomodoro, ecc. Con oltre 20 ingredienti, il lavoro sarebbe enorme.

Lo Stato potrebbe delegare i controlli a un organismo di certificazione privato. Degli uffici accreditati verificherebbero il rispetto delle direttive e certificherebbero le derrate alimentari. Tuttavia, oggi i marchi privati si assumono le responsabilità legate alla loro reputazione. Per questi organismi di certificazione lo Stato dovrebbe invece procedere a verifiche e controlli.

Il controllo e la garanzia di tutte le direttive concernenti i settori dalla protezione degli animali alla protezione dell'ambiente, passando per le condizioni di lavoro, non sono attuabili né con un'autorità di ammissione statale, né con un ente di certificazione privato. Solo nel 2016 la Svizzera ha importato derrate alimentari per circa 4 milioni di tonnellate. Ciò corrisponde a circa il 50% di tutte le derrate alimentari. Di conseguenza, anche l'approvvigionamento della Svizzera con derrate di prima necessità sarebbe messo a repentaglio. Inoltre, il mostro burocratico da introdurre divorerebbe ogni anno milioni di franchi provenienti dai contribuenti. Dal punto di vista finanziario questi ultimi soffrirebbero ben due volte. Da un lato a seguito di un'imposizione fiscale maggiore e dall'altro anche a causa dell'aumento del prezzo delle derrate alimentari.

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Derrate alimentari più costose e scelta minore per i consumatori

Costi superiori delle derrate alimentari

Già oggi in Svizzera le derrate alimentari sono più costose in misura del 78% rispetto alla media degli Stati UE. La carne è addirittura più costosa nella misura del 150%. In caso di accettazione dell'iniziativa, i prezzi per le derrate alimentari aumenterebbero ancora massicciamente siccome il rispetto degli standard più elevati e i corrispondenti controlli provocherebbero costi supplementari per i produttori. Questi costi supplementari si ripercuoterebbero sui prezzi. Secondo i calcoli dell'Ufficio federale dell'agricoltura un carrello della spesa standard contenente 25 derrate alimentari prodotte in modo biologico, a febbraio 2018 costava il 48,1% in più rispetto A lungo termine occorre quindi attendersi un massiccio aumento dei prezzi delle derrate alimentari.

Tabella 1

Un carrello della spesa standard contenente 25 derrate alimentari prodotte in modo biologico, a febbraio 2018 costava il 48,1% in più rispetto allo stesso carrello contenente derrate alimentari prodotte in modo convenzionale (la tabella mostra gli esempi selezionati).

Differenze di prezzo tra prodotti bio e non bio

Questo aumento dei prezzi rappresenta un problema soprattutto per le famiglie con un reddito modesto. Un'economia domestica svizzera classica spende in media il del suo reddito disponibile per le derrate alimentari. Tuttavia, questa quota raggiunge il 12,2% per un'economia domestica con un budget mensile inferiore ai 5'000 franchi. In caso di accettazione dell’iniziativa, questa quota potrebbe aumentare fino al 20%.

Riduzione della scelta di derrate alimentari

Per i consumatori, l'accettazione dell'iniziativa non provocherebbe solo un aumento dei prezzi delle derrate alimentari, bensì anche una limitazione delle loro possibilità di scelta. Infatti, le prescrizioni supplementari ridurrebbero l'offerta di derrate alimentari. Molti prodotti non potrebbero più essere importati in Svizzera. Altri, in particolare le specialità che generano poca cifra d'affari in Svizzera, sparirebbero poiché l’onere supplementare per i produttori e le istanze d’ammissione non sarebbe sopportabile.

Complessivamente l'iniziativa contraddice i principi della società libera svizzera. Oggi in Svizzera l'offerta è ampia e diversificata, anche per quanto concerne i prodotti realizzati in modo sostenibile e biologico. I consumatori possono scegliere e acquistare le derrate alimentari secondo le loro necessità. L'iniziativa toglierebbe invece la libertà ai consumatori e ridurrebbe le possibilità delle loro scelte. In particolare, le specialità che generano poca cifra d'affari in Svizzera scomparirebbero siccome l'onere supplementare non sarebbe sopportabile. Ciò sarebbe una contraddizione rispetto ai principi liberali della società svizzera.

Se l'iniziativa fosse accettata, non sarebbe ad es. più possibile importare in Svizzera determinati tipi di formaggi francesi. Migros cerca già oggi di rispettare le disposizioni in materia di protezione degli animali anche per i prodotti importati. Tuttavia, nell’ambito dei suoi sforzi attuali deve constatare che per quanto riguarda il formaggio non sarà possibile un'applicazione completa delle disposizioni svizzere in materia di protezione degli animali. Il latte utilizzato per produrre il formaggio proviene da numerose fattorie, spesso molto più grandi rispetto a quelle svizzere. Per loro, un adeguamento alle prescrizioni svizzere non sarebbe conveniente, poiché queste direttive le obbligherebbero a trattare separatamente il latte utilizzato per il formaggio svizzero, ciò che esse non sono disposte a fare a seguito dei costi elevati e degli scarsi quantitativi.

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Dannosa per il commercio al dettaglio, l'industria alimentare e il turismo

Forte aumento del turismo degli acquisti

A causa dell'aumento prevedibile dei prezzi delle derrate alimentari, bisogna attendersi un forte incremento del turismo degli acquisti. Per il commercio al dettaglio svizzero ciò potrebbe avere effetti devastanti. Secondo il gruppo Credit Suisse, le economie domestiche svizzere già oggi acquistano derrate alimentari negli Stati esteri confinanti per circa 3 miliardi di franchi. Nel 2015, la forza del franco sul mercato valutario ha mostrato che i consumatori sono sensibili ai prezzi e che l'incremento delle differenze tra Svizzera ed estero stimola il turismo degli acquisti. Durante l'apprezzamento del franco svizzero nel 2015 il turismo degli acquisti è aumentato di ben otto punti percentuali. Se l'iniziativa fosse accettata, occorrerebbe far fronte a un massiccio spostamento degli acquisti di derrate alimentari negli Stati esteri confinanti non solo a seguito dei prezzi allettanti, bensì anche perché la scelta sarebbe nettamente più ampia e migliore rispetto all'offerta ridotta del mercato svizzero.

Inoltre, il turismo degli acquisti offre una scappatoia: chi controlla se gli acquisti effettuati all'estero e le derrate alimentari importate dai privati rispettano le prescrizioni svizzere? Già oggi il sabato i valichi sono regolarmente intasati. Anche il commercio online dei privati viene controllato solo a campione. Nel caso di un'accettazione dell'iniziativa, ogni persona che transita da un valico con alimenti o che acquista online dovrebbe essere controllata. Ciò non è possibile.

La discriminazione dell'industria alimentare svizzera porta a svantaggi concorrenziali

L'industria alimentare svizzera dovrebbe far fronte a costi superiori anche a causa del grande onere burocratico. Caffè o cioccolato prodotti in Svizzera subirebbero uno svantaggio concorrenziale. Sarebbero colpite in particolare e nuovamente le numerose piccole imprese a conduzione familiare. Infatti, le PMI possono distribuire gli oneri amministrativi solo su dei piccoli quantitativi di merce. Di conseguenza, rispetto alle grosse imprese le PMI subiscono maggiormente l'effetto degli oneri. Proprio i piccoli torrefattori di caffè o cioccolatieri con conduzione familiare subirebbero uno svantaggio concorrenziale enorme con conseguenze sui posti di lavoro.

Secondo le spiegazioni del testo dell'iniziativa, per chi produce sia per il mercato interno, sia per l'esportazione potrebbero tuttavia essere applicati requisiti diversi. Per le derrate alimentari vendute in Svizzera sarebbero applicabili i requisiti secondo l'iniziativa. Per le derrate alimentari importate, elaborate e poi esportate sarebbero possibili delle eccezioni. In pratica però, sarebbe tuttavia complicato concedere simili eccezioni. Esempio: un torrefattore di caffè acquista chicchi all'estero. Egli rivende i chicchi torrefatti a un grosso commerciante che produce e vende capsule di caffè. Una parte delle capsule viene venduta sul mercato svizzero, mentre un'altra viene esportata. Se ora il produttore delle capsule deve separare l'immagazzinamento, la lavorazione e il trasporto della merce per i due mercati, non si crea un grande onere aggiuntivo del punto di vista organizzativo solo per lui, bensì anche per il torrefattore: egli dovrebbe infatti organizzare trasporti e magazzini separati per il caffè, pulire completamente le macchine anche quando non sarebbe necessario del punto di vista igienico, ecc. Ciò renderebbe più costosa la produzione e ridurrebbe la concorrenzialità internazionale. Il produttore dovrebbe infine trasferirsi all'estero, nello Stato che corrisponde al mercato di esportazione.

Importanza dell'industria agroalimentare per l'economia

L'industria agroalimentare è un settore importante dell'economia svizzera. Negli ultimi anni il suo contributo è costantemente aumentato, in particolare per quanto riguarda le esportazioni. L'industria agroalimentare offre impiego a oltre 70'000 lavoratori. Più della metà è attiva in piccole e medie imprese.

Peggioramento della concorrenzialità nel settore turistico

Anche nel settore turistico vi sarebbero conseguenze negative a seguito del massiccio aumento dei prezzi delle derrate alimentari. Numerose regioni di montagna sono già confrontate da anni a una diminuzione del numero di visitatori. Esse soffrono a causa della crisi del franco combinata con alcuni inverni caratterizzati da uno scarso innevamento e un cambiamento delle abitudini di viaggio dei turisti. Un aumento del prezzo delle derrate alimentari graverebbe ulteriormente sulla competitività, in particolare del settore gastronomico, e indurrebbe ulteriori turisti a trascorrere le vacanze altrove.

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L'iniziativa creerebbe problemi anche gli agricoltori

Gli agricoltori non possono più profilarsi sulla base della qualità e dei metodi di produzione

Per gli agricoltori svizzeri l'iniziativa può avere conseguenze devastanti. Nonostante da una prima analisi si potrebbe concludere che gli agricoltori svizzeri potrebbero approfittare dell'iniziativa grazie a una minore concorrenza dall'estero e all'aumento dei prezzi, un esame più attento mostra che questa conclusione è sbagliata. Oggi i consumatori acquistano principalmente prodotti svizzeri perché apprezzano la loro qualità e il metodo di produzione. L'attuazione coerente dell'iniziativa comporta però l'aumento della qualità di tutti i prodotti provenienti dall'estero a un livello almeno uguale a quello dei prodotti svizzeri. Se tutte le derrate alimentari, indipendentemente dal luogo di produzione in Svizzera o all'estero, devono rispettare gli stessi requisiti, i produttori locali non possono più differenziarsi dalla concorrenza estera. Il consumatore potrebbe scegliere tra due prodotti equivalenti, ma a un prezzo diverso. La probabilità che il consumatore prediliga maggiormente il prodotto estero più conveniente a scapito del prodotto locale è alta. Di conseguenza, il commercio di verdura, carne, latte e altre derrate alimentari svizzere diminuirebbe.

Tutto ciò che penalizza l’industria agroalimentare si ripercuote anche sugli agricoltori

Le condizioni economiche dell'industria agroalimentare sono importanti per gli agricoltori: nelle derrate alimentari svizzere oltre ad alcuni ingredienti provenienti dall'estero sono infatti contenute soprattutto materie prime svizzere. Se la concorrenzialità dell'industria alimentare svizzera diminuisce, automaticamente soffre anche il settore agricolo. Un calo delle vendite di cioccolato svizzero provoca ad esempio una diminuzione dello smercio di latte presso gli agricoltori svizzeri. Un quarto dell'intera produzione di latte svizzera è quindi destinata all'esportazione. Il 10% dell'intera produzione di latte viene esportato sotto forma di derrate alimentari altamente trasformate come ad es. il cioccolato.

Analogamente a quanto richiesto per le derrate alimentari, a lungo termine occorrerebbe controllare anche che i mangimi per animali importati rispettino gli standard svizzeri. Per gli agricoltori svizzeri, ciò comporterebbe una riduzione della scelta e prezzi più elevati nel campo degli alimenti per animali. Di conseguenza, il prezzo della carne e del latte prodotti in Svizzera aumenterebbe. Il nuovo mercato delle derrate alimentari «equo» in Svizzera provocherebbe degli svantaggi legati ai prezzi per gli agricoltori locali e renderebbe più difficile la vendita di materie prime agricole all'industria alimentare o sul mercato in generale.

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L’iniziativa viola accordi internazionali e non giova a nessuno

L'Iniziativa per alimenti equi impone requisiti elevati ai prodotti di importazione. Essa prevede una differenziazione sistematica delle derrate alimentari in merito al metodo di produzione. I requisiti richiesti dall'iniziativa per quanto riguarda i metodi di produzione (rispetto dell'ambiente, delle risorse e degli animali, condizioni di lavoro «eque») non influiscono sulle proprietà e sulle caratteristiche fisiche del prodotto finito. Conformemente alla legislazione dell'OMC in vigore, la discriminazione di un prodotto sulla base di metodi di produzione che non influiscono sulle sue caratteristiche non è permessa. Il Consiglio federale sottolinea che la Svizzera si esporrebbe a delle azioni giuridiche contro le quali non potrebbe difendersi. Inoltre, in caso di accettazione dell'iniziativa

L'Iniziativa per alimenti equi chiede che il diritto svizzero prevalga su quello internazionale, rispettivamente che il diritto svizzero venga imposto all'estero. La Svizzera dovrebbe imporre ai suoi partner stranieri i criteri concernenti la protezione dell'ambiente e degli animali, le condizioni di lavoro eque, ecc. Questo comportamento potrebbe essere considerato arrogante da parte di altri paesi e potrebbe rovinare i partenariati lungo la catena di creazione di valore. Altri paesi potrebbero rivoltare la situazione a loro vantaggio: se i partner commerciali dovessero sentirsi discriminati da parte della Svizzera e considerare il suo comportamento un ostacolo al commercio, essi potrebbero porre ulteriori requisiti alle importazioni dalla Svizzera o iniziare a discriminarle. Ciò potrebbe compromettere seriamente le esportazioni svizzere. La Svizzera subirebbe gravi danni non solo dal punto di vista politico, bensì anche da quello economico.

Nell'ambito dei prodotti agricoli, il concetto di commercio equo varia molto a seconda dei punti di vista. Ciò che i promotori dell'iniziativa considerano come «equo» in Svizzera non è necessariamente «equo» per dei produttori nei paesi in via di sviluppo. Essi si oppongono alle prescrizioni concernenti i metodi di produzione nell'agricoltura, siccome queste comportano un grande onere supplementare e costi elevati. Se le prescrizioni non sono state concordate in modo multilaterale, esse portano inoltre a standard differenti nei diversi paesi di esportazione. Ciò rende più difficile il lavoro per i produttori locali nei paesi emergenti e in via di sviluppo.

È discutibile anche l'entità dell'effetto dell'iniziativa sulle condizioni di produzione all'estero e se essa porta vantaggio ai piccoli agricoltori stranieri. Se un piccolo agricoltore straniero non può rispettare i severi requisiti svizzeri o se per lui sono troppo costosi, egli deve rinunciare al mercato svizzero. Rimangono a bocca asciutta in particolare i piccoli agricoltori, mentre quelli che si organizzano aggregandosi possono sopportare meglio l'onere legato al cambiamento di sistema. Nel caso dei grandi produttori non è comunque certo che cambino la loro produzione. Se non dipendono fortemente dal mercato svizzero, essi probabilmente non modificheranno le modalità di produzione. La produzione equa all'estero auspicata dai promotori dell'iniziativa non viene dunque concretizzata.

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La tendenza segue la direzione giusta, perciò la messa sotto tutela è superflua

Forte crescita delle cifre d'affari del commercio equo

Le statistiche mostrano che aspetti come la sostenibilità e la correttezza nel campo delle derrate alimentari sono sempre più importanti per i consumatori svizzeri. La crescita della richiesta di prodotti del commercio equo è confermata chiaramente da un forte aumento delle cifre d'affari. Tra il 2011 e il 2016 la cifra d'affari legata ai prodotti del commercio equo è raddoppiata. Nel 2011 raggiungeva circa 340 milioni di franchi. Nell'arco di cinque anni è aumentata fino a circa 665 milioni di franchi. Il tutto senza alcun obbligo inutile.

Grafico 1

La cifra d'affari del commercio equo è raddoppiata in cinque anni, passando da circa 340 milioni di franchi nel 2011 a 665 milioni di franchi nel 2016.

Cifra d'affari del commercio equo, in milioni di franchi

Grafico 2

Il 95% della cifra spesa per il commercio equo concerne le derrate alimentari, ossia proprio quel settore che l'Iniziativa per alimenti equi vorrebbe regolamentare.

Ripartizione del mercato svizzero del commercio equo (2016)

In nessun altro Paese i consumatori spendono di più pro capite e all'anno per prodotti del commercio equo. Gli svizzeri si posizionano in testa alla classifica, addirittura davanti agli inglesi e ai tedeschi.

Campioni mondiali nel consumo di prodotti bio

Non aumenta solo la richiesta di prodotti del commercio equo, bensì anche quella di prodotti bio. In quest'ultima categoria, la cifra d'affari negli ultimi cinque anni è aumentata di quasi il 50%, raggiungendo i 2,5 miliardi di franchi nel 2016. Nel 2016 in Svizzera le derrate alimentari bio hanno contribuito alla cifra d'affari dell'intero settore delle derrate alimentari con una quota pari all'8,4%.

Grafico 3

La Svizzera è campionessa mondiale anche nel consumo di prodotti bio. La quota della cifra d'affari relativa a tutte le derrate alimentari è dell'8,4%.

Consumo di prodotti bio pro capite, in Europa, nel 2016

Assumere le proprie responsabilità, anche senza l'obbligo dei Verdi!

Le cifre provano che la richiesta, e quindi lo smercio, sono in forte aumento sia per prodotti del commercio equo, sia per prodotti bio. Anche senza prescrizioni legislative la tendenza segue già oggi la direzione che i promotori dell'iniziativa intendono fissare nella legge. Le prescrizioni statali non sono perciò necessarie. Tra la popolazione, la consapevolezza e la sensibilità aumentano e continueranno ad aumentare. Ciò si ripercuote anche sull'offerta: già oggi l'offerta di derrate alimentari prodotte secondo i principi della sostenibilità è ampia. Ognuno può consumare prodotti sostenibili senza alcun obbligo da parte degli ecologisti e senza prescrizioni di consumo che provocherebbero elevati costi supplementari. Il mercato funziona bene.

Anche il commercio al dettaglio agisce in modo responsabile. Esso offre sempre più prodotti che rispettano determinati standard minimi. La Migros aveva ad esempio promesso che entro la fine del 2017 tutte le sue banane sarebbero giunte da produzioni sostenibili. Questa promessa è stata mantenuta. Ora promette anche di rispettare entro il 2020 gli standard svizzeri sul benessere degli animali per tutti i prodotti animali importati. L'accettazione dell'iniziativa annullerebbe tutti questi sforzi dell’economia privata. Con un obbligo dettato dallo Stato, lo stimolo a offrire prodotti sempre migliori e maggiormente sostenibili andrebbe perso. Non sarebbe più possibile emergere con i propri sforzi rispetto ad altri attori del mercato e alla concorrenza estera.

In fondo, anche lo Stato contribuisce a questo sviluppo positivo, promuovendo la tendenza attraverso condizioni quadro adeguate, cooperazioni e campagne di sensibilizzazione. Il tutto su una base volontaria e senza inutili vincoli.

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Conclusione: un chiaro no dal punto di vista dell'economia

Cinque ragioni per cui l'economia svizzera respinge chiaramente l'Iniziativa per alimenti equi:

  • L’iniziativa crea un costoso apparato burocratico. I funzionari svizzeri dovrebbero controllare al confine e all'estero se le derrate alimentari importate adempiono le disposizioni di produzione particolari della Svizzera. In caso di derrate alimentari altamente trasformate ciò significa che le condizioni di produzione di ogni singolo ingrediente dovrebbero essere controllate. Per le lasagne surgelate occorrerebbe controllare tra le altre cose il fertilizzante utilizzato nella coltivazione del frumento, le condizioni di lavoro presso il mugnaio e quelle di trasporto per i manzi tra l'allevatore e il macellaio. Con 4 milioni di tonnellate di derrate alimentari importate ogni anno, l'impresa sarebbe impossibile.
  • A lungo termine, in Svizzera i prezzi delle derrate alimentari aumenterebbe massicciamente. Ciò colpisce in particolare le famiglie con un reddito modesto. Contemporaneamente la scelta di derrate alimentari si riduce, siccome le importazioni vengono limitate in modo importante. Di conseguenza, il turismo degli acquisti aumenterebbe ulteriormente.
  • Tutti gli attori subiscono svantaggi: dagli agricoltori ai commercianti, passando per l'industria alimentare. Gli agricoltori non potrebbero più differenziare i loro prodotti. Le iniziative volontarie nel commercio verrebbero rese impossibili. L'industria alimentare orientata all'esportazione perderebbe concorrenzialità. Il settore turistico subirebbe ulteriormente la pressione dei costi. Complessivamente l'iniziativa minaccia degli impieghi.
  • L'iniziativa crea degli ostacoli al commercio e isola ulteriormente il mercato agricolo. I rischi politici ed economici aumentano poiché l'iniziativa viola il diritto commerciale e gli impegni internazionali. Bisogna attendersi contromisure da parte dei partner commerciali che rimettono in questione l'accesso al mercato da parte dell’industria d’esportazione.
  • La domanda di derrate alimentari sostenibili è in piena crescita. Dal 2011 la cifra d'affari legata ai prodotti del commercio equo è raddoppiata. I consumatori acquistano in modo sempre più coscienzioso, i produttori ampliano costantemente l'offerta di derrate alimentari sostenibili e lo Stato promuove la sostenibilità con condizioni quadro adeguate. Il mercato funziona bene. Non è necessario un intervento con ulteriori disposizioni.

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