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Finanziare lo Stato nell’era digitale

A colpo d'occhio

La digitalizzazione ci obbligherà a rivedere il sistema fiscale? Sono necessarie delle imposte speciali sui robot o sull’economia digitale per finanziare lo Stato? O l’introduzione di simili tasse comporterebbe al contrario dei rischi e degli effetti secondari negativi?

L’essenziale in breve

La digitalizzazione modifica l’economia in profondità. I cambiamenti in corso impongono anche di rivedere in profondità il sistema fiscale? Occorrerà tassare i robot in futuro? Saranno necessarie regole speciali per tassare le imprese digitali?

I robot, queste macchine tecnologicamente avanzate e in grado di svolgere diversi compiti, sono da molti anni una realtà nell’industria. Essi partecipano alla creazione di valore, e quest’ultimo è già tassato in quanto reddito da capitale. Grazie a condizioni quadro concorrenziali, in particolare sul mercato del lavoro e nei settori della formazione, della ricerca e delle infrastrutture, non si osserva nessuna diminuzione del numero di impieghi né di un aumento delle disparità in Svizzera. I progressi tecnologici aumentano addirittura la produttività e i salari, e dunque il livello di benessere in Svizzera.

Nel contesto della digitalizzazione, le imprese tecnologiche guadagnano importanza. Le attività a forte valore aggiunto diventano più mobili e possono insediarsi laddove le condizioni sono ottimali. Alcuni Stati intendono ora tassare più pesantemente le imprese attive su Internet nei paesi dove si trovano gli utenti. Gli sviluppi internazionali prevedono da parte loro che l’utile sia tassato dove viene creato il valore. Se degli Stati dovessero decidere di andare avanti sul loro territorio, in mancanza di un consenso internazionale, questo rischierebbe di suscitare dei conflitti o delle doppie imposizioni.

Posizione di economiesuisse

  • economiesuisse si impegna a favore di un sistema fiscale il più neutro possibile. Un simile sistema non tassa specificatamente dei processi o delle tecniche.
  • Tassare i robot non è necessario per finanziare lo Stato, poiché il reddito da capitale è già tassato.
  • Occorre respingere l’introduzione di imposte speciali per l’economia digitale, poiché non è possibile distinguerla dal resto dell’economia. Tutti i settori economici si digitalizzano progressivamente.
  • Delle imposte sui robot e delle imposte speciali sulle società digitali ostacolerebbero l’innovazione. Se venissero introdotti simili strumenti, le imprese avrebbero meno risorse a disposizione per investire nelle tecnologie del futuro e perderebbero terreno rispetto alla concorrenza internazionale.
  • economiesuisse si impegna a favore del mantenimento di buone condizioni quadro economiche sul mercato del lavoro e in particolare nel campo della formazione. Delle condizioni favorevoli garantiscono un tasso d’attività elevato e favoriscono una ripartizione uniforme dei redditi.
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Finanziare lo Stato nell'era digitale

L'economia nel cambiamento digitale

Progresso tecnologico significa maggiore produttività, salari più elevati e benessere. Tuttavia, ciò comporta anche dei cambiamenti strutturali nell'economia. Professioni, imprese, interi settori cambiano nel corso della storia: alcuni scompaiono lasciando spazio ad altri.

  • La meccanizzazione dell'economia grazie al vapore,
  • la produzione in serie grazie all’elettrificazione e alle catene di montaggio e
  • l'automatizzazione grazie a elettronica e alle tecnologie dell'informazione

hanno cambiato profondamente l'economia rendendoci più ricchi. Il nostro attuale livello di benessere si fonda su questo costante cambiamento.

Con la digitalizzazione dell'economia ci troviamo di fronte a una quarta «rivoluzione industriale». Questo pone la questione delle conseguenze per il sistema fiscale. Le imposte prelevate attualmente sono sostenibili? Come garantire il finanziamento dei compiti statali nell’era digitale?

Attualmente sono due i temi maggiormente discussi:

  • I robot devono essere tassati?
  • L'imposta sugli utili è adatta per l'economia digitale?
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Tassare i robot

1. Garantire il finanziamento dello Stato: i robot sono già tassati

Il timore che le entrate fiscali diminuiscano se i robot dovessero fornire una quota crescente delle prestazioni economiche è molto diffuso. Si sentono dunque delle voci favorevoli all’istituzione di un’imposta sul reddito generato dai robot. Ora i robot, intesi come macchine tecnologicamente avanzate e in grado di svolgere svariati compiti, vengono da tempo utilizzati nell’industria. Il valore che essi creano è già tassato in quanto reddito da capitale. Di fatto, l’impresa utilizza una parte del valore creato per pagare i salari, mentre con l’altra parte rimunera il capitale. Questa rimunerazione rappresenta una contropartita alla messa a disposizione di capitale nel finanziamento delle macchine o dei robot (cf. grafico 1a).

Il reddito da capitale è composto dagli interessi e dagli utili. In Svizzera gli interessi, come gli stipendi, vengono tassati in modo progressivo presso il beneficiario con l'imposta sul reddito. Gli utili sono assoggettati dapprima all'imposta sull’utile a livello dell’impresa, poi all’imposta sul reddito (talvolta con una riduzione) presso il suo proprietario (cf. grafico 1a.). Anche nel caso di un'impresa gestita esclusivamente da robot, dunque senza manodopera umana, nell'attuale sistema fiscale l'intero valore aggiunto verrebbe dunque tassato come reddito da capitale (cf. grafico 1b.).

Oltre alle imposte dirette, vi è l’IVA, la principale imposta indiretta. Essa è prelevata sull’insieme del valore creato (compreso quello creato dai robot). Fintanto che l’efficienza economica e la creazione di valore non diminuiscono, il sistema fiscale in vigore garantirà il finanziamento dello Stato. In altre parole, l’introduzione di una tassa sui robot è inutile in tal senso

Grafico 1a

Il reddito da capitale è assoggettato sia all'imposta sul reddito, sia all'imposta sugli utili.

grafico 1a

Grafico 1b

Anche nel caso di un'impresa gestita esclusivamente da robot e senza manodopera umana, il sistema attuale tassa già l'intero valore aggiunto.

grafico 1b
grafico 1b

2. Il lavoro non scompare

Oggi i contributi sociali sono generalmente prelevati sui salari. Se il lavoro svolto da persone viene affidato sempre più a dei robot, la fonte di finanziamento delle assicurazioni sociali potrebbe scomparire. Per questo motivo alcuni auspicano un’imposta sul valore aggiunto. La Germania ha discusso di uno strumento di questo tipo, un’imposta sulle macchine, dopo gli anni ’70. Sotto questa forma, i contributi sociali non si ripercuoterebbero unicamente sui salari, ma sull’insieme del valore aggiunto e garantirebbero il finanziamento delle assicurazioni sociali.

La predizione della scomparsa del lavoro è corretta? La digitalizzazione porta alla disoccupazione? A prima vista i dati mostrano che i Paesi con un'elevata densità di robot, come ad esempio la Germania, il Giappone e la Corea presentano un tasso di disoccupazione tendenzialmente basso (cf. grafico 2). Anche secondo un sondaggio del Politecnico federale di Zurigo, realizzato in collaborazione con la Scuola universitaria professionale  Nordwestschweiz, attualmente la digitalizzazione ha effetti trascurabili sull'occupazione nelle imprese svizzere (ETH KOF, Digitalisierung in der Schweizer Wirtschaft: Ergebnisse der Umfrage, KOF Studien, Nr. 93, giugno 2017.). Si registra sì un aumento del livello di qualificazione necessario degli impieghi, questo coincide tuttavia con l'aumento del livello di formazione della manodopera svizzera (cf. grafico 4). Attualmente, le professioni tecniche, mediche e sociali hanno il vento in poppa.

Non è detto che questo sviluppo positivo possa continuare anche in futuro. Secondo una recente meta-analisi di Polynomics, questo dipende dal grado di compatibilità con la digitalizzazione (Polynomics, Digitalisierung und Arbeitsmarktfolgen – Metastudie zum Stand der Literatur und zu den Entwicklungen in der Schweiz, im Auftrag der Fondation CH2048 unter Beteiligung des Schweizerischen Arbeitgeberverbandes SAV.). Importante è una configurazione sostenibile nei settori del diritto della concorrenza, protezione dei dati, politica in materia di formazione e ricerca, diritto del lavoro, assicurazioni sociali e partenariato sociale. Dunque, lo sviluppo tecnologico non ridurrà il numero degli impieghi, ma creerà invece una serie di nuove forme di lavoro e nuove professioni. Se l’obiettivo verrà raggiunto, sarà inutile introdurre una tassa sul valore aggiunto per finanziare le assicurazioni sociali.

Un problema che si delinea chiaramente per le assicurazioni sociali è l’evoluzione demografica. In questo ambito, l’imposizione dell’insieme del valore aggiunto non porta una nuova soluzione, in Svizzera è infatti già da tempo un dato di fatto. Già dal 1999 l'AVS viene cofinanziata con un «percento demografico» prelevato dall'IVA. Nonostante la bocciatura alle urne del progetto di riforma «Previdenza per la vecchiaia 2020», e del relativo aumento dell’IVA, è probabile che quest’ultima sarà costretta in futuro a contribuire maggiormente al finanziamento dell’AVS.

Grafico 2

I Paesi che impiegano un numero maggiore di robot hanno una disoccupazione tendenzialmente più bassa.

Densita di robot e tassi di disoccupazione negli Stati

Grafico 3

In Svizzera, grazie a un contesto economico favorevole, la quota dei redditi derivanti dal lavoro è stabile da decenni. La quota del capitale non aumenta.

Quota del fattore di produzione "lavoro" sul reddito totale

3. Ridistribuzione: la quota di reddito derivante dal lavoro resta costante in Svizzera

Nel contesto della digitalizzazione, numerosi sono coloro che partono dal principio che i redditi dei detentori di capitale aumentino a scapito di quelli dei lavoratori. L’idea è dunque di tassare più pesantemente il capitale e gli utili delle imprese provenienti dalla digitalizzazione e di ridistribuire le entrate fiscali generate ai lavoratori. Si osserva una diminuzione dei redditi proveniente dal lavoro in numerosi paesi industrializzati già dal 1980. Per contro, questa tendenza non viene osservata in Svizzera, secondo quanto conferma uno studio del KOF (cf. grafico 3). (Siegenthaler und Stucki, Dividing the pie: the determinants of labor’s share of income on the firm level. KOF Working Paper Nr. 352, Februar 2014.). Dal 1980, in Svizzera oltre il 65% dell'intero reddito viene versato ai lavoratori sotto forma di salario. Secondo una recente analisi, nel 2017 la quota salariale ha addirittura raggiunto un nuovo picco (Credit Suisse, Monitor Svizzera, settembre 2017, pag. 7.). Il mercato del lavoro, per tradizione liberale e flessibile, il sistema formativo e il tasso d’attività record (OCSE, Tasso d’attività) sono fattori di successo decisivi della Svizzera nell’ottica di una distribuzione omogenea dei redditi.

Già in passato lo sviluppo tecnologico ha indubbiamente eliminato alcuni posti di lavoro, ma ha creato una serie di nuovi mestieri. Attualmente si registra ad esempio un’evoluzione molto positiva per quanto concerne le professioni sociali, mediche e tecniche. L'impiego di nuove tecnologie aumenta la produttività dei lavoratori, ciò che si traduce in salari più elevati. Un'imposta supplementare sul capitale appare perciò inopportuna.

Una tassa sui robot è inoltre una forma estremamente inefficiente di imposizione del capitale. Se una simile imposta dovesse essere introdotta, i problemi di delimitazione sarebbero infiniti. Cosa caratterizza un robot? Forse il fatto che sostituisce il lavoro umano? In tal caso sarebbero interessati tutti i macchinari e gli apparecchi, anche distributori automatici di denaro, le calcolatrici e le lavastoviglie. Il criterio decisivo è forse l'autonomia? Allora occorrerebbe tassare l'intelligenza artificiale, concetto difficilmente quantificabile, dei programmi informatici. Una tassa sui robot è dunque in ogni caso estremamente onerosa dal punto di vista amministrativo. In particolare se paragonata alle imposte già esistenti sul capitale (imposte sul capitale, la sostanza e le successioni) e sui redditi generati grazie al capitale (imposta sull’utile e imposta sul reddito progressivo per gli interessi e i dividendi).

Grafico 4

Con il progresso tecnologico aumentano le esigenze nei confronti della formazione. Tuttavia, grazie a un sistema formativo di successo, anche il livello di formazione dei lavoratori svizzeri è in costante aumento.

Livello di formazione delle persone tra i 25 e i 64 anni dopo il 1999

2. Il lavoro non scompare

Oggi i contributi sociali sono generalmente prelevati sui salari. Se il lavoro svolto da persone viene affidato sempre più a dei robot, la fonte di finanziamento delle assicurazioni sociali potrebbe scomparire. Per questo motivo alcuni auspicano un’imposta sul valore aggiunto. La Germania ha discusso di uno strumento di questo tipo, un’imposta sulle macchine, dopo gli anni ’70. Sotto questa forma, i contributi sociali non si ripercuoterebbero unicamente sui salari, ma sull’insieme del valore aggiunto e garantirebbero il finanziamento delle assicurazioni sociali.

La predizione della scomparsa del lavoro è corretta? La digitalizzazione porta alla disoccupazione? A prima vista i dati mostrano che i Paesi con un'elevata densità di robot, come ad esempio la Germania, il Giappone e la Corea presentano un tasso di disoccupazione tendenzialmente basso (cf. grafico 2). Anche secondo un sondaggio del Politecnico federale di Zurigo, realizzato in collaborazione con la Scuola universitaria professionale  Nordwestschweiz, attualmente la digitalizzazione ha effetti trascurabili sull'occupazione nelle imprese svizzere (ETH KOF, Digitalisierung in der Schweizer Wirtschaft: Ergebnisse der Umfrage, KOF Studien, Nr. 93, giugno 2017.). Si registra sì un aumento del livello di qualificazione necessario degli impieghi, questo coincide tuttavia con l'aumento del livello di formazione della manodopera svizzera (cf. grafico 4). Attualmente, le professioni tecniche, mediche e sociali hanno il vento in poppa.

Non è detto che questo sviluppo positivo possa continuare anche in futuro. Secondo una recente meta-analisi di Polynomics, questo dipende dal grado di compatibilità con la digitalizzazione (Polynomics, Digitalisierung und Arbeitsmarktfolgen – Metastudie zum Stand der Literatur und zu den Entwicklungen in der Schweiz, im Auftrag der Fondation CH2048 unter Beteiligung des Schweizerischen Arbeitgeberverbandes SAV.). Importante è una configurazione sostenibile nei settori del diritto della concorrenza, protezione dei dati, politica in materia di formazione e ricerca, diritto del lavoro, assicurazioni sociali e partenariato sociale. Dunque, lo sviluppo tecnologico non ridurrà il numero degli impieghi, ma creerà invece una serie di nuove forme di lavoro e nuove professioni. Se l’obiettivo verrà raggiunto, sarà inutile introdurre una tassa sul valore aggiunto per finanziare le assicurazioni sociali.

Un problema che si delinea chiaramente per le assicurazioni sociali è l’evoluzione demografica. In questo ambito, l’imposizione dell’insieme del valore aggiunto non porta una nuova soluzione, in Svizzera è infatti già da tempo un dato di fatto. Già dal 1999 l'AVS viene cofinanziata con un «percento demografico» prelevato dall'IVA. Nonostante la bocciatura alle urne del progetto di riforma «Previdenza per la vecchiaia 2020», e del relativo aumento dell’IVA, è probabile che quest’ultima sarà costretta in futuro a contribuire maggiormente al finanziamento dell’AVS.

Conclusione

Una tassa specifica sui robot è inopportuna, poiché i redditi da capitale sono già ampiamente tassati. Un simile strumento sarebbe oneroso dal punto di vista amministrativo e provocherebbe delle distorsioni.

economiesuisse si impegna a favore di condizioni quadro competitive sul mercato del lavoro e nei settori della formazione, della ricerca e delle infrastrutture. Un simile ambiente garantisce che l’evoluzione tecnologica non riduca il numero degli impieghi, ma crei al contrario una serie di nuove forme di lavoro e impieghi.

Una tassa sui robot ostacolerebbe l’innovazione e sarebbe dunque controproducente a livello economico e sociale. Le aziende investirebbero meno nelle nuove tecnologie e si farebbero distanziare dai concorrenti esteri. La competitività della Svizzera sarebbe minacciata. Si rischierebbe così di vedere scomparire dei posti di lavoro, nonché di perdere la base del finanziamento di un sistema formativo e sociale efficiente.

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Imposta sull'utile nell'economia digitale

Forte concorrenza tra piazze economiche nell'economia digitale

La digitalizzazione porta cambiamenti nell'economia. Nuovi settori acquistano importanza, in particolare le imprese attive nella produzione di tecnologie. Anche i modelli imprenditoriali di rami economici tradizionali evolvono. I prodotti e i servizi si basano sempre più su tecnologie digitali immateriali (software, dati). Lo sviluppo e la valorizzazione di beni digitali rappresentano funzioni centrali per la creazione di valore aggiunto. Queste attività non sono vincolate a un'ubicazione, bensì possono essere insediate dove regnano le condizioni più idonee. Le nuove tecnologie permettono inoltre di fornire prodotti digitali a clienti in tutto il mondo. La presenza fisica in loco non è più necessaria. Perciò, nel settore dell'economia digitale è diffusa una forte concorrenza tra piazze economiche.

Non tutti i Paesi sono attrattivi allo stesso modo per i settori delle nuove tecnologie. In determinati Stati, la digitalizzazione pesa sulle finanze pubbliche a seguito dell’evoluzione delle entrate dell’imposta sull’utile. Per quanto riguarda le imprese attive nel ramo delle tecnologie, gli Stati membri dell'UE, ad esempio, si trovano indubbiamente in ritardo rispetto agli USA. Nell'UE è diffusa l'opinione secondo cui i colossi di internet (di regola di origine americana) non versino sufficienti imposte sugli utili agli Stati dell'UE, in proporzione all’entità dei loro utenti nell'UE. Di conseguenza, sono in atto sforzi volti ad aumentare l'imposizione fiscale delle imprese attive nel ramo delle tecnologie («digital companies»). Tra le proposte figurano nuovi strumenti fiscali come ad esempio l’imposizione di «stabilimenti virtuali» o una «tassa compensativa» sulla cifra d'affari di imprese internet. Tali imposte speciali per la «digital economy» comportano tuttavia considerevoli rischi ed effetti secondari.

Grafico 5

Grazie a condizioni attrattive della piazza economica, in Svizzera il contributo fiscale delle imprese aumenta costantemente.

Proporzione crescente di entrate dell'imposta federale diretta proveniente dalle imprese

Imposizione forzata della «digital economy»

  1. L'economia digitale non può essere separata dal resto dell'economia.

Tutti i rami economici si digitalizzano progressivamente. Non esiste praticamente più un’economia non digitale. Vendita al dettaglio, logistica, servizi finanziari, produzione, agricoltura, formazione, sanità o media: tutti i settori sono interessati dall'evoluzione digitale. La separazione della «digital economy» dal resto dell'economia sarebbe legata a problemi enormi, se non addirittura impossibile. Anche l'OCSE e gli Stati membri del G20 sono giunti a questa conclusione nel quadro del progetto BEPS inteso a contrastare il trasferimento e la riduzione di utili («Base Erosion and Profit Shifting») (OCSE, Addressing the Tax Challenges of the Digital Economy, Action 1: 2015 Final Report.) e non hanno perciò consigliato nessun provvedimento a favore di un'imposizione specifica dell'economia digitale.

  1. Le imposte speciali per le imprese digitali distorcono gli investimenti nel progresso tecnologico e gravano sulla competitività dell'economia.

Le tasse speciali in discussione per le imprese digitali sono uno strumento fiscale molto approssimativo. Esse vengono applicate indipendentemente dagli utili realmente conseguiti dalle imprese e non considerano il fatto che gli utili possano eventualmente essere già stati tassati altrove. I settori economici particolarmente innovativi e in grado di far fronte al futuro vengono gravati in modo sproporzionato da imposte supplementari di questo tipo. Le imprese investirebbero cifre inferiori nell'innovazione e il progresso tecnologico verrebbe rallentato. I Paesi che introducono provvedimenti di questo tipo indeboliscono la competitività della loro economia e accumulano ritardo a livello internazionale. Occorre invece strutturare il sistema fiscale per le imprese attive nel ramo delle tecnologie nel modo più neutro possibile. I procedimenti e le tecniche utilizzate non devono essere tassate in modo particolare. In questo modo si evitano distorsioni artificiali delle decisioni di investimento delle imprese.

  1. L'introduzione unilaterale di imposte speciali digitali crea il rischio di conflitti tra gli Stati e danni collaterali per l'economia internazionale.

Le imposte speciali per imprese digitali straniere corrispondono a una violazione delle convenzioni fiscali internazionali. Esse equivalgono a provvedimenti protezionistici con un elevato potenziale di conflitto. Questi creerebbero dei conflitti interstatali sulla ripartizione dei diritti di imposizione. Tali conflitti sono estremamente dannosi per la certezza giuridica delle imprese attive a livello internazionale. Gli scambi commerciali internazionali, gli investimenti esteri e le catene di creazione di valore globali subirebbero dei danni. L'introduzione unilaterale di imposte speciali di questo tipo non è compatibile con il funzionamento dell'economia internazionale. Le questioni legate alla digitalizzazione devono essere chiarite in modo multilaterale tra Stati aventi gli stessi diritti e con la partecipazione delle economie interessate. È importante decidere eventuali modifiche del diritto fiscale internazionale sulla base del consenso. In fondo, per l'economia l'importanza del luogo in cui le tasse vengono riscosse è secondaria. Veramente importante è invece la coerenza del sistema fiscale internazionale. Ciò crea sicurezza ed evita conflitti e doppie imposizioni.

Grafik 6

Le procedure di risoluzione delle controversie nel campo della doppia imposizione non concluse aumentano continuamente.  Ciò rappresenta un grande onere per le imprese multinazionali.

Procedure di risoluzione delle controversie sulla questione della doppia imposizione

Che cos'è la creazione di valore?

L'imposizione degli utili delle imprese deve aver luogo dove si svolge la creazione di valore. Questo è il principio del diritto fiscale internazionale. Ma questo principio può essere applicato nell'economia digitale? Innanzitutto occorre chiarire il concetto di creazione di valore.

La creazione di valore di un'impresa corrisponde semplicemente alle entrate provenienti dalla vendita dei suoi prodotti, dedotte le spese per prestazioni preliminari e mezzi di produzione (cf. grafico 1). In fondo, la creazione di valore è determinata dai prezzi. Le imprese vogliono creare prodotti da vendere a prezzi possibilmente elevati, ma contemporaneamente cercano di ottenere le prestazioni preliminari a basso costo. In questo modo, la creazione di valore viene massimizzata e l'impresa può versare stipendi più elevati e distribuire più mezzi ai finanziatori.

Quando le imprese sono integrate in un gruppo internazionale, le condizioni sono più complicate. I prezzi per le prestazioni fornite all'interno del gruppo non vengono stabiliti dal mercato, bensì dal gruppo (cosiddetti prezzi di trasferimento). L'entità della creazione di valore e dell'utile da tassare in un determinato Paese è proporzionale al livello del prezzo che una filiale locale fattura per le sue prestazioni. Le imprese internazionali non possono tuttavia stabilire liberamente i prezzi di trasferimento. La regolamentazione internazionale dell'OCSE stabilisce le condizioni (Linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento). In questo contesto vale il principio della piena concorrenza. I prezzi di trasferimento devono essere strutturati come quelli che verrebbero richiesti da terzi sul mercato (dealing at arm's length). Questo aspetto viene verificato tramite un'analisi delle attività con cui le singole società contribuiscono alla creazione di lavoro. Se una filiale locale con importanti funzioni chiave contribuisce alla creazione di valore del gruppo, queste prestazioni devono essere indennizzate con un prezzo proporzionale. In questo modo, ogni Paese può garantire che alla creazione di valore segua una corrispondente imposizione dell'utile sul proprio territorio.

Esperienze problematiche dell'economia con il Progetto BEPS

Con la globalizzazione, le catene di creazione di valore di grandi imprese si diffondono sempre più nel mondo intero. Una ditta può essere domiciliata in un Paese (residence country), produrre in un altro (source country) e vendere infine la merce in un terzo Paese (market country). I diritti di imposizione del singolo Paese vengono negoziati in accordi internazionali. Di principio, il diritto primario di imposizione degli utili viene assegnato al luogo d'origine del valore creato (source), ossia allo Stato in cui avviene la creazione di valore. L'imposizione del consumo, ad esempio con l'imposta sul valore aggiunto, avviene invece nel Paese di destinazione del prodotto (market country).

Il G20, ossia il club dei maggiori Paesi industrializzati ed emergenti, ha assegnato all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) il mandato di rielaborare il diritto fiscale internazionale. Ne è scaturito il progetto BEPS inteso a contrastare il trasferimento e la riduzione di utili («Base Erosion and Profit Shifting»), (dossier politica n. 15 (2015) «BEPS – Der Steuerwettbewerb geht weiter»). La parola d’ordine è la seguente: «L'imposizione degli utili delle imprese deve avvenire dove si svolge la creazione di valore».

Per le imprese multinazionali, il progetto BEPS è un grande onere. 15 campi tematici separati hanno dovuto essere contrattati entro un termine molto breve in condizioni di intensa pressione politica. Il tempo a disposizione non ha praticamente permesso una discussione approfondita di vantaggi e svantaggi dei provvedimenti. Risultato: un netto rafforzamento delle esigenze di compliance e oneri amministrativi per le imprese, molte questioni aperte in merito all'implementazione, un elevato potenziale di conflitti tra gli Stati e, infine, un grave pericolo di doppie imposizioni internazionali.

Da queste esperienze andrebbero tratte delle lezioni per evitare di ripetere gli stessi errori. In particolare, la pressione politica di singoli Stati caratterizzati da una forte imposizione fiscale non deve portare a reazioni rapide e sconsiderate. Le questioni complesse in merito agli effetti della digitalizzazione sul sistema fiscale internazionale non possono essere risolte in breve tempo. È importante una ponderazione approfondita dei vantaggi e degli svantaggi di eventuali provvedimenti, in particolare anche in vista delle conseguenze economiche. È inoltre necessaria una procedura orientata al consenso. Al processo dovrebbe partecipare un'ampia alleanza di Stati aventi gli stessi diritti. Di centrale importanza è anche la considerazione seria e intensa dell’economia e delle sue necessità. Solo in questo modo può essere garantita un'implementazione coerente e praticabile di eventuali provvedimenti. In fondo, questa è la condizione fondamentale per permettere a un sistema fiscale di funzionare, a sua volta elemento indispensabile allo scambio economico internazionale (uno degli obiettivi principale dell'OCSE).

Il piano d’azione BEPS interessa anche la digitalizzazione

Con il progetto BEPS sono state affrontate differenti sfide fiscali relative alla digitalizzazione. Tuttavia non tramite misure speciali per l'economia digitale, bensì con misure di portata generale che si applicano in modo uguale a tutte le imprese.

  • Azione 3 – Rafforzare le regole relative alle società straniere controllate

Se il reddito da beni e servizi digitali di filiali estere controllate sul posto non viene tassato o viene tassato solo in maniera ridotta, il Paese in cui si trova la casa madre può tassare addizionalmente questo reddito.

  • Azione 5 - Regole per il regime fiscale come patent box

Rimborsi di imposte per beni immateriali come brevetti o software con protezione anti-copia possono essere concessi solo se sul posto sono insediate importanti attività di sviluppo.

  • Azione 7 - Impedimento dell'elusione dello statuto di stabilimento permanente

Le attività che portano regolarmente alla conclusione di contratti con clienti o alla gestione di un magazzino grande devono essere considerate stabilimenti permanenti, con assoggettamento dell’impresa anche nel Paese del cliente. Gli utili saranno tuttavia tassati solo se gli stabilimenti permanenti contribuiscono effettivamente alla creazione di valore.

  • Azioni 8-10 - Conformità tra prezzi di trasferimento e creazione di valore

I beni immateriali (come software, dati), nonché i corrispondenti diritti d'autore sono molto mobili e possono essere facilmente trasferiti da uno Stato all'altro. Le linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento sono state rielaborate per garantire che anche i beni immateriali vengano valutati in modo leale e secondo le condizioni economiche. In questo modo, il luogo di creazione dell'utile coincide con quello della creazione di valore effettiva.

  • Azione 13 - Country-by-country reporting

In futuro, le grandi imprese multinazionali dovranno allestire una documentazione per Paese. Vi dovranno inserire la suddivisione delle attività economiche, degli utili e delle imposte versate. Questi rapporti verranno scambiati tra gli Stati. In questo modo è possibile incrementare la trasparenza nei confronti delle attività fiscali.

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