Riforma dell’imposizione delle imprese III: inopportuno teatro estivo

Una falla durante la consultazione nell’ambito dell’amministrazione federale ha riacceso il dibattito sulla prossima riforma dell’imposizione delle imprese. Troppo presto, poiché il Consiglio federale non ha ancora adeguato il progetto. Un vero dibattito a questo stadio non è possibile. Vale la pena di ricordare alcuni fatti.
Non si tratta di un progetto di sgravi
Fatto n. 1: L’abolizione degli statuti fiscali cantonali comporterà prima o poi degli aumenti d’imposta. Le misure alternative nell’ambito della riforma dell’imposizione delle imprese III non potranno compensare completamente questi oneri supplementari. Anche l’evoluzione internazionale implicherà nei prossimi anni degli aumenti degli oneri. La Svizzera non potrà isolarsi completamente di fronte alle evoluzioni del diritto fiscale internazionale. Ne risulta che la riforma dell’imposizione delle imprese III non costituisce un progetto di sgravio fiscale.

Le società internazionali finanziano già ora la riforma
Fatto n. 2: Le società internazionali – le principali interessate – finanzieranno in gran parte esse stesse la riforma, a condizione tuttavia che il progetto abbia successo e che queste società rimangano in Svizzera. L’autofinanziamento della riforma è un’esigenza formulata dalla sinistra. In effetti, la forte crescita dell’imposta federale diretta in questi ultimi anni si spiega principalmente con il contributo fiscale di queste imprese. In un certo modo esse hanno già prefinanziato la riforma. Come mostrano le proiezioni del Consiglio federale, le autorità si attendono nei prossimi anni entrate fiscali elevate. Le società internazionali continueranno dunque a fornire un contributo fiscale superiore alla media. Chiedere uno sforzo supplementare sarebbe azzardato.

Ripartizione equilibrata degli oneri grazie a misure di politica finanziaria
Fatto n. 3: La Confederazione beneficia considerevolmente della presenza delle società attive a livello internazionale. Quasi la metà delle entrate che essa incassa a titolo delle imposte sulle persone giuridiche provengono dalle società a statuto particolare a livello cantonale. Una partecipazione della Confederazione agli oneri finanziari dei cantoni è dunque totalmente giustificata e incontestata. Per quanto concerne la forma di questa partecipazione – attraverso una revisione della ripartizione delle entrate generate dall’imposta federale diretta – essa migliorerà il margine di manovra di tutti i cantoni in materia di politica finanziaria. Saranno i cantoni a decidere la loro strategia fiscale. Se necessario, essi potrebbero anche diminuire l’imposta sugli utili per preservare la base fiscale e difendere così la loro attrattività.

Eccedenze di bilancio quale tema politico centrale
Fatto n. 4: La riforma dell’imposizione delle imprese III è un progetto di massima importanza per la Svizzera. Ad eccezione della riforma della perequazione finanziaria del 2008, pochi progetti sono stati preparati così accuratamente dalla Confederazione e dai cantoni. La posta in gioco finanziaria ed economica è enorme. Ne va del futuro della Svizzera quale piazza economica e dunque di miliardi di franchi di entrate fiscali e di decine di migliaia di impieghi. E’ possibile finanziare una simile riforma senza lanciarsi in esperimenti finanziari, come ad esempio la creazione di un’imposta sugli utili da capitale. La Confederazione finanzia correntemente delle riforme e dei compiti dello Stato attraverso le eccedenze del suo budget. Ciò che è stato possibile per l’aiuto allo sviluppo, la compensazione annuale della progressione a freddo o la riforma dell’imposizione delle famiglie, deve esserlo anche per un progetto politico prioritario come la riforma dell’imposizione delle imprese. economiesuisse ha recentemente presentato la sua posizione dettagliata su questa questione.

Nessuna discussione di principio sull’imposizione di capitali privati
Fatto n. 5: La riforma prevede ancora di introdurre un’imposta sugli utili da capitale – un’imposta sulla vendita di titoli – mentre tutti i cantoni l’hanno abolita. Questo non è un caso. Un’imposta sugli utili da capitale è difficile da mettere in vigore e genera relativamente poche entrate. Essa dipende ampiamente dalla salute dei mercati azionari. I cantoni percepiscono un’imposta sulla sostanza, un’imposta sulle successioni e un’imposta sul capitale. Essi non intendono abbandonare queste varie imposte sulla sostanza, più o meno importanti, che generano delle entrate regolari e prevedibili. Un’imposta sugli utili da capitale porrebbe la questione di un’imposizione adeguata del capitale privato – un vaso di Pandora che può anche nuocere allo statu quo (e dunque alle entrate fiscali attuali). In ogni caso, questa discussione non dovrebbe essere avviata nell’ambito della complessa riforma della fiscalità delle imprese.

Necessario un dibattito obiettivo e differenziato
Resta da discutere il finanziamento della riforma dell’imposizione delle imprese, nonché numerosi altri punti. Dal momento che la posta in gioco è molto complessa, è necessario un dibattito obiettivo e differenziato. Per questo occorre un progetto. Attualmente non vi è ancora nulla. La riforma dell’imposizione delle imprese non è da utilizzare per riempire il buco estivo. La sua importanza è troppo grande.