Konsumkredite

Crediti al consumo: un buon segnale contro il divieto della pubblicità

​La commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati (CET-S) si oppone alla censura della pubblicità in materia di piccoli crediti e di crediti al consumo. Essa si è chinata il 1° novembre su due iniziative parlamentari concernenti i crediti al consumo. In un primo momento il Consiglio nazionale le aveva accettate. Sfortunatamente, la CET-S ha comunque approvato l’introduzione di un’imposta speciale destinata a prevenire l’indebitamento dei giovani.
La pubblicità è uno strumento indispensabile all’economia di mercato. Essa permette la concorrenza tra fornitori e assicura la trasparenza nell’offerta. Conseguentemente, i divieti pubblicitari sono inappropriati. Questi ultimi nuocciono infatti al sistema economico, intralciando il buon funzionamento del mercato e mettendo i consumatori sotto tutela. A questo proposito, la decisione della CET-S di rifiutare l’iniziativa parlamentare Aubert per 5 voti contro 2 e due astensioni è da salutare positivamente. Il divieto della concorrenza sarebbe un errore che fonda su argomenti poco pertinenti.

I crediti al consumo non sono la principale causa dell’indebitamento
Agli argomenti che giustificano delle regole più rigorose nella Legge federale sul credito al consumo, i sostenitori degli interventi in questo ambito menzionano come causa principale dell’indebitamento e dell’impoverimento dei giovani l’accesso facile ai contratti leasing, alle carte di credito e ai crediti al consumo. Uno studio recente dell’Alta scuola specializzata del nord-ovest della Svizzera precisa tuttavia che “la principale causa di un livello elevato di indebitamento non è un consumo sfrenato, bensì una profonda perdita di sicurezza e una mancanza delle prospettive di vita (…) Una situazione problematica di indebitamento (…) è spesso il risultato di un concatenamento di problemi sociali e sanitari.” Un altro studio cita i costi del telefono e quelli della sanità come le trappole più pericolose per l’indebitamento. I crediti al consumo invece non vengono menzionati.

Bisogna sperare che l’inchiesta in corso nell’amministrazione federale confermerà questi risultati. Come omologa della commissione delConsiglio nazionale, la CET-S ha adottato senza opposizione una mozione che chiede dei dati più precisi sull’indebitamento privato, nell’intentodi elaborare di un progetto che dia seguito all’iniziativa parlamentare Hiltpold. Quest’ultima reclama l’introduzione di un’imposta speciale per programmi di prevenzione, approvata per 4 voti contro 3 e due astensioni. Da un punto di vista economico, questa decisione risulta inadeguata in quanto l’imposta considerata non condurrebbe il fine per cui è stata creata e penalizzerebbe tutti gli acquirenti di crediti.

Il Consiglio degli Stati tratterà questi dossier nella sessione invernale. La Svizzera è tutt’ora già munita di una delle leggi più rigide in materia di crediti al consumo. La palla è ora nel campo del Parlamento. Sta a lui pronunciarsi, contrariamente alle relative commissioni, contro l’introduzione di un’imposta speciale per finanziare i programmi di prevenzione e di modificare la decisione del Consiglio nazionale di introdurre un divieto della pubblicità. Per economiesuisse, la messa in atto di queste iniziative parlamentari sarebbero un segnale pericoloso.