# 11 / 2018
10.12.2018

Revisione della legge sulle armi: la posta in gioco è più alta di quel che sembra

Perché la Svizzera deve sviluppare ulteriormente la propria legge sulle armi

In reazione ai gravi attacchi terroristici in Europa che sono costati la vita a molte persone e che sono stati attuati in particolare con fucili d’assalto, l’Unione europea ha, tra altre misure, rivisto la propria direttiva in relazione alla legislazione sulle armi nello spazio Schengen. Il suo obiettivo è di rendere più difficile l’accesso alle armi, di garantire una migliore tracciabilità di pezzi di armi e di ottimizzare lo scambio d’informazioni tra i paesi associati allo spazio Schengen. Le armi semiautomatiche come i fucili d’assalto 90 o 57 fanno parte delle armi vietate e potranno essere acquistate solo a determinate condizioni. In qualità di membro associato a Schengen, la Svizzera si è impegnata ad adeguarsi a tale sviluppo nei termini previsti dall’accordo. Per tener conto della sua tradizione del tiro e dei bisogni del suo esercito, il nostro paese ha potuto negoziare con l’UE delle eccezioni (cf. grafico 1). I militari possono così ad esempio conservare la loro arma d’ordinanza senza condizioni. 

La revisione della legge proposta dal Consiglio federale ha inoltre definito il margine d’interpretazione e il Parlamento ha adottato il testo aggiungendo alcune semplificazioni. La Svizzera presenta dunque un progetto conforme allo sviluppo dell’acquis di Schengen.

Grafico 1

Indipendentemente dalla revisione della legge federale sulle armi, le seguenti condizioni generali continuano ad essere applicate in occasione dell’acquisto di un’arma semiautomatica: l’acquirente deve essere maggiorenne, non deve avere precedenti penali gravi e non deve dare l’impressione di essere un pericolo per sé stesso o per altri. La nuova legge sulle armi non porta a un registro centrale delle armi, a nessun esame medico o psicologico, né all’obbligo di aderire ad un club di tiro.

Sempre meno militari svizzeri decidono di tenere a casa il proprio fucile

Il calo è impressionante: dal 43% nel 2004, la percentuale di Svizzeri che esercitano il loro diritto di tenere a casa l’arma dopo essere stati congedati dall’esercito è passata, nel 2016, all’11%, secondo il Dipartimento della difesa. Alla fine del servizio, quasi nove soldati su dieci riconsegnano dunque l’arma all’arsenale. In cifre assolute, questo significa che nel 2004 le scorte di fucili d’assalto e di pistole presso i militari esonerati dall’obbligo del servizio era aumentato di 32'000 pezzi, ma non più di 2500 nel 2016.